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tore, no, padre mio, chè per tale io sento di amarvi, non è un’irrisione codesta; non è una illusione: no, signor Maurizio, è realtà. E sono io, il vostro beneficato, che a mani giunte vi prego di proseguire i vostri beneficî, ed imploro da voi perdono se a vostra insaputa osai aprire il banco sotto il patrocinio del vostro nome venerabile. D’ora innanzi voi siete non già il mio socio, ma il mio direttore, il mio padrone, come già foste per lo passato. A me, sconosciuto nel mio paese, senza parenti, senza amici, sarebbe interminabile la via per acquistare una clientela, un avviamento ne’ negozi della nostra piazza; voi invece, voi, mio benefattore, con la vostra fama intemerata non avete che a mostrarvi per assicurare la mia fortuna. — E qui narrava al Gerli come la sorte lo avesse assistito nel dipartirsi da lui, quali fossero stati i suoi guadagni, e quali or fossero i suoi capitali.

Intanto la carrozza andava lungo l’Ardenza, ed arduo sarebbe il riferire i sentimenti da cui il Gerli e le figlie erano animati alle parole del giovine, le quali chiaro mostravano l’immenso suo affetto, ed il convincimento di ben operare. La carrozza andava. Com’è naturale, per le differenti emozioni niuno badava alla strada percorsa. Maurizio tacitamente stringeva la mano a Paolo, e le fanciulle più con gli sguardi che con le parole rendevangli grazie; e negli occhi della Sofia sembrava che tutta fossesi trasfusa l’anima sua. Ad un tratto la carrozza girò di fianco, passò un cancello, percorse rapidamente un breve spazio, e s’arrestò dinanzi al portichetto dell’antico casino Gerli, dal quale discendevano Maso e Caterina ad incontrare i loro padroni.