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In questo frattempo, Paolo rinchiuso nella sua camera dell’albergo Washington, era tutto immerso in profonda meditazione. Dacchè avea fatto ritorno dalla cascina, era venuto formando un certo disegno che ora andava maturando in sua mente, prima di decidersi a recarlo ad effetto.

Il giorno seguente il suo primo pensiero fu d’andare a pregare sulla sepoltura di sua madre distinta da una modesta croce. Su di essa ripassò nella mente le sue risoluzioni, come per averne da lei la sua approvazione. Quindi cominciò ad occuparsi per poterle effettuare. A mezzodì era alla cascina; ma neppure in quel giorno gli fu dato di vedere il Gerli. Intrattenutosi però per lunga ora con le due sorelle, narrò loro molte cose de’ paesi che avea visitati, e modestamente disse com’era tornato in patria non del tutto sprovvisto di fortuna. Il fatto è che Paolo, partito da Livorno con molto ristretto peculio, era giunto in Alessandria d’Egitto quando, a cagione della guerra d’America, il commercio dei cotoni avea quivi preso larghissime proporzioni e dava copiosi guadagni a coloro che sapevano ad esso dedicarsi con oculatezza ed alacrità. Imbattutosi per caso sul battello con un ricco capitalista di Cairo, che nel conversare col giovine avea potuto formarsi di lui una ben vantaggiosa idea, fu da costui invitato a volergli prestare l’opera sua in commercio, del quale egli non era gran fatto pratico, proponendogli di porlo a parte degli utili. Paolo accettò; e con la sua sagacia ed operosità seppe così bene adoperarsi, che nel corso di due anni non solo guadagnò pel suo socio molto danaro, ma procurò a sè stesso un ricco peculio, col quale negoziando per proprio conto, in breve si rese indipendente e