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Genova e Pisa. Le due ultime avevano ricche possessioni in Sardegna, in Corsica, in Oriente, dove trafficavano in commerci assai lucrosi coi popoli dell’interno. La potenza e la ricchezza di una risvegliò la gelosia dell’altra, e presero a guardarsi in cagnesco, e a cogliere ogni occasione per nuocersi. Una volta vennero ad ostilità in Corsica a cagione del Giudice di Ginerca protetto da’ pisani, i quali, resi baldanzosi per le proprie forze, un’altra volta predarono in alto mare una galera genovese senza che essa li avesse provocati. In seguito a San Giovanni d’Acri in Siria tanto istigarono i borghesi di quella città contro i genovesi, che questi vennero cacciati dal quartiere che occupavano; i loro magazzini furono saccheggiati e incendiate le loro case. Invano per mezzo d’ambasciatori, i genovesi domandarono soddisfazione di così grave ingiuria, e risolvettero di ottenerla per mezzo delle armi. Al primo sentore di guerra, sì a Genova, come a Pisa, si posero su i cantieri numerosissime galere e facevansi grandi apprestamenti; poichè ambedue le repubbliche deciso avevano di sostenere l’onore delle proprie armi per mezzo di potente navilio. Intanto frequenti avvisaglie e scorrazzamenti aveano luogo fra le due parti nemiche. Ora buon numero di navi genovesi veniva alle bocche d’Arno a sfidare i pisani; ora questi s’avanzavano a Porto Venere e saccheggiavano il paese; e quelli bruciavano in mare il vascello che portava in Sardegna il conte Fazio commissario del governo.

Ora, i pisani, che già aveano in acqua una poderosa flotta, facevano vela fin dinanzi al porto di Genova; e colà, spiegando tutte le loro forze, provocavano i genovesi ad uscire per combatterli, e