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chiama il signor Domenico Zaccaria, dev’essere un’ottima pasta d’uomo, sebbene un po’ vivace, consegnatomi il danaro, mi dice: — Ehi, galantuomo, veggo che questo tuo pittore è di buona scuola.

— La mi burla? rispondo io, premiato all’Accademia!

— E dimmi, dipinge le marine? — dice lui.

— Oh che mi domanda? mari, boschi, pianure, tutto quel che la comanda, soggiungo io.

— Ebbene, se è così, che mi dipinga un tramonto di sole sul mare. Però, intendimi bene; voglio che fra il sole e chi guarda siavi l’isola della Meloria e la sua torre.

— Non ho bene inteso, signore...

— Ciuco! dice lui così per dire. Il sole deve essere nascosto dalla torre della Meloria, e l’effetto del tramonto deve prodursi sul cielo e sul mare: 250 lire, se il lavoro è perfetto, e quindici giorni di tempo. Ho accettato, signorine; e son da loro per sentire se ho errato. —

— No, no, Maso; ottimamente, disse Sofia. Emilia, questo è tutto lavoro tuo. Oh il tuo quadro sarà perfetto! Quante belle marine non hai tu ritratto dall’Ardenza e da Antignano? — E, preso il danaro: — vedi, babbo, è questo il frutto del capitale, ed è tuo di diritto; — ed intanto le due sorelle lo versavano con un certo sentimento fra l’orgoglio e la tenerezza nelle mani del padre, che le ricompensava con affettuose carezze.