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letto con le zampine distese sul piccolo feretro di velluto cremisi? Ma ti dico che questo nostro è un capolavoro, e che... Senti, senti che idea mi balena ora in mente... — Le due sorelle confabularono alquanto, e recaronsi quindi dal padre che stavasi tutto intento ai suoi conti. S’avvicinarono ad esso; e, ponendoglisi ciascuna da un lato, posarono ambedue una mano sur una spalla di lui.
— Babbo, disse Sofia, perdona se ti rechiamo disturbo. Puoi accordarci qualche istante d’udienza?
— Te lo domandiamo ufficialmente, soggiunse Emilia; perchè veniamo da te in forma pubblica, in missione cioè.
— Figlie, dilette figlie! — rispose il Gerli deponendo la penna, alzando il capo, e prendendo nelle sue le mani delle fanciulle. — Disturbarmi voi; voi che siete l’unico mio bene, l’unica mia gioia, la vita mia? A che questo insolito contegno? Parlate: io sono tutto a voi.
— Parla tu, Emilia...
— No, signora Sofia, ella è la maggiore, rispose Emilia con grazioso sussiego, e sta a lei ad arringare, e pensi ad uscirne con tutti gli onori.
— Come tu vuoi. Senza preamboli, non è vero? Ecco adunque, babbo, di che si tratta. Noi abbiamo una speculazione in vista, un progetto, come suol dirsi, che, se tu lo permetti, ci frutterà delle buone lire; ed in tal caso anche noi diverremo produttrici per aiutarti a far andare la casa.
— Io non intendo. Spiegati, mia buona figliuola.
— Ecco, padre mio. Noi, cioè Emilia ed io, abbiamo un piccolo capitale che si vorrebbe mettere a frutto.