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esperto nel commercio, ma sfortunato quanto mai. Ora il suo principale avea fallito, ora un altro era stato colpito da malattia mortale, ora avea cambiato paese. Insomma più s’arrabbattava a trovar lavoro, e più si trovava sul lastrico. Ridotto quasi senza pane, entrò finalmente nel banco di Maurizio Gerli, e tanto si rese utile con l’opera sua, e tanto seppe conciliarsene l’affetto e la stima, che in breve ottenne il posto di primo commesso. E ciò fu per lui una vera benedizione del cielo; perchè in pochi mesi potè riaversi in modo da far vivere senza stento quella poveretta di sua madre che tanto l’amava. Per poco però gli fu dato godere di un tale conforto, chè le passate sofferenze presto condussero quella tapina a morte, ed il Gerli in sì triste frangente usò verso di lui d’ogni compiacenza. Rimasto orfano e solo, trovò una nuova famiglia in quella del suo principale che prese a prediligerlo oltre ogni dire, avvantaggiandolo quanto meglio potesse. Praticando dunque di continuo in casa, e sovente con le due figlie del Gerli, ch’egli avea conosciute fanciullette, sentì a grado a grado germogliare nel cuor suo un vivo affetto per la maggiore delle due sorelle. Conoscendosi meschino e per nascita e per censo, onesto com’egli era, ebbe timore di non poter vincere il sentimento che sempre più in lui ingigantiva di rendersi ingrato al suo benefattore. Perlochè, dopo avere lungamente lottato seco stesso, un bel mattino, adducendo non so quale frivolo argomento, avea lasciato la casa Gerli, imbarcandosi su di una nave che facea vela per l’oriente, donde rade volte avea dato notizia di sè.

Sofia ed Emilia stavano adunque nella maggior