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sava gran fatto alla nave, e mi doleva soltanto perchè temevo oggi cattiva giornata.
Sof. — Ed invece, ecco, il cielo è splendido, il mare tranquillo, e pare che tutto ci sorrida per poter meglio festeggiare il nostro buon padre. Oh com’egli sarà colpito nel ritrovare la casa tutta in festa! Caro padre! egli così buono, così affettuoso per noi! Che non si farebbe per vederlo lieto e contento, senza che mai nulla lo turbasse?
Emi. — E dire che è per noi, per noi sole ch’egli tanto s’affatica! Per migliorare la nostra fortuna!
Sof. — Se il signor Paolo non fosse partito, ora egli sarebbe di grande aiuto al babbo, che ripete sempre non essere possibile trovare un commesso da surrogare a lui.
Emi. — Ed è vero, Sofia; rammenti tu quanta attività, quanta intelligenza, quanta esattezza!
Sof. — Come intendeva alla prima gli ordini del babbo!
Emi. — Detto, fatto non v’era che a parlare.
Sof. — E poi quanto cortese, onesto, riservato.....
Emi. — Egli era proprio un giovine per bene.... ed anche bellino.
Sof. — Ti pare? —
Come ti pare? — rispose Emilia fissando la sorella tutta meravigliata. — Oh guarda! Non rammenti ora, avermi tu le cento volte domandato: che ti sembra, sorella? è bello Paolo, non è vero?
Sofia arrossì leggermente, e per velare il suo imbarazzo soggiunse in aria di scherzo — Sì, sì: ma i più bei fiori del giardino erano per te....
Emi. — A te egli recava le più rare frutta.
Sof. — Acconciava le tue matite.