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— Sì, sì quello della nascita di Sofia — esclamò Emilia.

— Sì, quello della nascita di Emilia — disse Sofia.

— No, signorine, me lo perdonino: ma nè l’una nè l’altro. Io darei la preferenza al primo soggetto, le nozze del babbo.

— E come farem noi, buon Maso?

— Ecco qui, signorine. Esse sanno che quando il signor Maurizio si fece sposo con la mamma, quell’anima santa abitava col suo padre, come ora noi qui, in un poderetto sulla collina di Montenero, quasi su in alto. Quando eran promessi, talune volte il signor Maurizio e la signorina Berenice verso il tramonto salivano fino al paesello di Montenero, ed entravano nel santuario, e dinanzi alla Madonna oravano perchè essa proteggesse la loro unione. Quando fu giunto il dì delle nozze, si era sullo spirar dell’ottobre, ambedue i giovani pregarono i loro parenti di lasciarli maritare all’altare della Vergine; e così fu fatto. Ed una bella mattina, mentre il sole splendeva in tutta la sua magnificenza, e la natura all’intorno era un incanto, si videro uscire dalla chiesa i due sposi, l’uno al braccio dell’altro, lieti che non è a dire, e accompagnati dai parenti, da pochi amici, e da noi due che si gongolava dalla gioia al vedere tanto contenti i nostri padroncini.

— Oh se l’avessero vista la mamma, prese a dire Caterina, l’era in verità una fragola di giardino, fresca e rossa da dir: — cogli. — Portava un bell’abito di lustrino celeste, fatto da queste mani, che glie l’avevano aggiustato proprio a pennello, e s’era posta sul capo un bel manto di blondina bianca col quale pareva una regina.