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stata la tutrice delle amabili fanciulle fin dal momento in cui perdettero la madre. Natura privilegiata, cuor d’oro, svegliata ed attiva da tener piede al vecchio Tommaso, che avea le braccia e le gambe svelte quanta la lingua.

Ed infatti la brava donna in quel giorno anch’essa andava, veniva dalla casa al giardino, e dal giardino alla casa, provvedendo alle differenti bisogne. Quando sotto il portichetto apparvero le due fanciulle, che ad una voce ripeterono:

— Caterina, Maso, dell’edera, ancora qualche tralcetto di edera e due ramicelli di gelsomino, chè non possiam compiere la corona.

E Caterina e Maso a chi più affrettarsi per con tentare le loro signorine; le quali indossavano due eleganti e semplici vestiti di mussolina bianca, stampati a fiorellini campestri e stretti alla vita da una fascia con ricca legatura a code color granato. Per solo ornamento tenevano in mezzo del petto una fresca rosa con cui gareggiavano le vivaci tinte del loro volto. Ottenuto e l’edera e i gelsomini, vispe e liete corsero difilate nel gabinetto del padre, e le intrecciarono ad altri fiori posti attorno ad un quadro.

Ecco perchè tante cure a quel quadro.

Allorachè le due fanciulle ebbero deliberato di festeggiare in modo inusitato il cinquantesimo anniversario della nascita del loro buon padre, si trovarono imbarazzate sulla scelta di un lavoro, opera delle loro mani, da presentarsi in quel giorno al genitore. E mentre incerte discutevano se dare la preferenza ad un ricamo o ad un dipinto, chiamarono a consiglio e Maso e Caterina per averne il loro