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bano più, sai.... — ed il fanciullo seguitava a far cenno con le mani, come se ancora battesse in terra, tutto baldo dell’opera sua.

La nonna Maddalena, dimenando leggermente il capo, come chi non approva, ma non vuol farlo scorgere — povere bestioline, povere formiche.... — diceva.

— Ma non hai tu detto che i ladri sono puniti?

— Va, va contami il resto.

— Io aveva ripreso la strada della cascina facendo saltare all’aria, come farfalloni rossi, le foglie de’ papaveri con la verga servitami a gastigare quelle tristi formiche; quando sento ronzare attorno alla mia testa, anzi presso le orecchie, due grosse vespe,... non vespe, api. Le ho scacciate una volta, le ho scacciate due, e, non valendo, mi son fermato su due piedi, minacciandole con la verga e gridando loro ogni sorta d’ingiurie. Intesero che non celiavo io, e se ne fuggirono dentro il pertugio di una grossa elce, quella che sta presso il crocicchio, attorno del quale molte altre api si aggiravano tutte irrequiete. Voglio, ho detto fra me, saper proprio qualche cosa de’ fatti loro, e se sono ladre come le formiche: pongo un piede sopra una pietra, l’altro su d’un occhio della corteccia, m’aggrappo ad un ramo, ed eccomi al pertugio. Là dentro si sentiva un ronzio come se ci fosse tempesta. Altro che guardare! appena avanzavo, eccole contro di me per farmi paura. Io allora rammentandomi che chi non fa male non dee temere di far vedere le sue faccende agli altri, ho detto: voi non volete, bestiacce; dunque fate male, e per gastigarle ho spinto la verga dentro il pertugio pestandoci in ogni senso. Delle api allora ne sono uscite tante, tante da quel pertugio, lanciandosi tutte inve-