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strapunto con alcuni lembi di coperta; un tavolo sopra cui due o tre libri assai malconci, un vecchio stipo, alcune stoviglie di terra, un Crocefisso, ed una immagine della Vergine appesi alla testa del letto sono tutta la masserizia del povero luogo. Tanto è meschino, tanto è sprovvisto che lo diresti disabitato.

Ma no qui vicino alla porta in un seggiolone di faggio, che appena appena resiste al peso della persona e tenuto connesso da funicelle intrecciate, sta seduta una ricurva vecchiarella. Una pezzuola di bavella, che fu già color viola e nero, tiene raccolti i capelli candidissimi, dei quali qualche ciocca sfugge lungo le gote e sul collo a rendere più venerando un volto pallido, ma non smunto, ad onta dei dolori e delle sofferenze. Una grossolana veste di cotonina turchina con qualche rattoppo più scuro ricopre le sue membra, che restano immobili e quasi inerti. Le braccia, i cui gomiti fanno puntello al busto sopra le due ali del seggiolone, vanno ad incontrarsi sul petto ove le mani stanno conserte nell’attitudine di chi prega.

Essa è la nonna Maddalena.

Prega. Il suo sguardo a brevi intervalli spingesi fuori dell’uscio come in attesa di alcuno, e non lo vedendo, sospira. Poi il suo labbro torna alla sommessa preghiera. Dopo qualche attendere — Ah! finalmente sei tu, Deodato — ella esclama, respirando largamente come le si fosse tolto una mola dal petto.

— Sì nonna, son io: eccomi quà, perdonami, sai, se ho tardato; tu stavi in angustie, non è vero? Oh ma se sapessi quante ne ho vedute nell’andare alla cascina e nel tornare.