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posto fra i suoi lavoranti a Zaccaria, e fu afflitto per la cattiva condotta di Federico.

Nella fabbrica di oreficeria dello zio di Giorgio erano molti giovani artefici del più grande valore. Uno di essi col tempo strinse amicizia con Zaccaria: lo ajutava de’ suoi consigli, gl’insegnava molte finezze nell’arte talmentechè egli riuscì à perfezionarsi, ed a guadagnare una buona giornata.

Nei dì festivi andavano insieme a diporto, e dilettavansi di veleggiare sul Lago dentro un piccolo battello fino a Vevey, o ad altro dei deliziosi villaggi che ne adornano le sponde. Talvolta una zia e la sorella dell’orefice prendevano parte alle loro escursioni. Questa sorella, che avea nome Berta, era una dolcissima fanciulla, graziosa, modesta ed abile ricamatrice di merletti. Zaccaria se ne invaghi, e finì col farla sua sposa. Egli non aveva mai sognato d’essere tanto felice al mondo. Possedeva la migliore delle mogli; era amato dai suoi principali: teneva in serbo non meschini risparmi, ed aveva braccia per lavorare e procacciarsi altri guadagni. Che cosa v’era di più certo, e come volere sperar di più?

Ma la felicità al mondo non esiste; e dopo due anni di matrimonio la sua diletta Berta, ch’era gracilina, cominciò a soffrire di petto, a tossire, e dare non equivoci segni di mal sottile. Consultati i medici, dissero non esservi altra via di scampo che un clima temperato ed aria marina.

Un italiano, viaggiatore di commercio, che praticava in fabbrica, udendo parlar di ciò, prese a dir mirabilia della dolcezza del clima di Pisa durante l’inverno e quanto propizio riuscisse e salubre per