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città europea, formata dai sobborghi di Top-Hanè, di Kassim-pascià, di Galata e di Pera. I primi due sono meschini assai e si spiegano presso le rive, il terzo è il più antico, e sta a metà: il quarto è il più recente, ma elegante, ricco e costruito sulle alture. In esso veggonsi non solo belle case e numerose botteghe fornite di tutto quanto può trovarsi in una capitale del centro di Europa, ma ancora diverse chiese dedicate al culto cristiano, così di rito latino, come di rito greco od armeno.

Zaccaria era tutto contento quando la Domenica udiva suonare qualche campana; e mai non tralasciava di recarsi in Chiesa ad assistere ai divini Ufficî, ed a pregar Dio. Poi se ne andava a diporto, non già nei quartieri europei; ma, traversato uno dei tre lunghi ponti di legno che pongono in comunicazione i sobborghi con Stambul, andava vagando per le vie ed i bazar della città. Per la strada si fermava dinanzi ai venditori di Kebak, piccoli tocchetti di carne infilzata in spiedini di legno ed arrostiti sulla brace; poi dinanzi alle botteghe dei confettieri, piene di ogni sorta di dolciumi conditi di pistacchi, di cedrato, di pinocchi, di estratto di rosa e di gelsomino. Talvolta comperavasi una sfogliata ripiena di frutta sciroppate da certi pasticcieri che ne tengono sul davanti della bottega una vastissima mostra; oppure gustava le marmellate che i venditori ambulanti portano in giro distese in un gran piatto di stagno con parecchie divisioni. Alcuna volta lasciandosi vincere dalla ghiottoneria, assiso sul divano d’uno dei numerosi caffè, aspirando il fumo di una sigaretta fatta di profumatissimo tabacco, sorbiva voluttuosamente una piccola tazza di quella densa ed aromatica be-