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la sua sorte del tutto cambiata. Egli non era più un venditore girovago, un garzone di bettoliere, un bottegaio di ventura. No, stava in una famiglia, abitava una buona casa, imparava un’arte, e profittò tanto delle lezioni di Giorgio, che a forza di buona volontà e di attenzione, in capo ad un anno, già dalle sue mani uscivano piccoli lavori da orefice, nei quali più di tutto era notevole la nettezza e la precisione. Lavorando, talvolta stava con la mente al povero Roberto e pregava per esso; ripensava pure alla signora, e sembravagli d’udire la voce di lei ripetergli sovente — : cerca di imparare un’arte, Zaccaria: avvantaggerai la tua condizione. Chi vive dell’opera propria è nobile quanto un principe; — e proseguiva il lavoro con maggior coraggio.

Il fratello di Giorgio aveva nome Federico: ma quanto il primo era dolce ed umano, altrettanto il secondo duro e scortese. Zaccaria non godeva della sua grazia. Ei gli rimproverava d’essere piccolo di statura e di non intendere il tedesco, unica lingua ch’egli s’incaponiva a parlare.

E Zaccaria, che avrebbe voluto guadagnarsi la benevolenza di lui, dicevagli talvolta:

— Padrone Federico, abbiate pazienza, come volete che io faccia? Se potessi slungarmi mi slungherei di tutto cuore per vedervi contento; ma in quanto al tedesco non dubitate, datemi tempo, e lo imparerò.

E difatti il giovinetto oltre lo studiar di proposito, lo scrivere, e i conti, tentava superare ogni difficoltà per apprendere quella lingua. Il francese parlavalo già correntemente per l’esercizio che da più anni aveane fatto.