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Va allo stramazzo; introduce la mano in un piccolo foro che v’aveva fatto: cerca, fruga, rifruga, il borsellino non v’era. Ma come, se destandomi l’ho sentito io questa mattina con la mia mano? Stava qui, proprio qui. Dio mio dove sarà andato! Forse più giù? Non v’è! proprio non v’è. — Ed il ragazzo tutto convulso, tremante, avea fatto un lungo squarcio per cercare meglio. Invano. Nulla, nulla: il borsellino era sparito. Zaccaria sentì togliersi il lume dagli occhi; un singhiozzo lungo lungo da soffocarlo troncò la sua voce, non potè gridare e cadde bocconi sul letto. Ma con uno sforzo violento: — al ladro, al ladro! — urlò finalmente — me l’hanno rubato, me l’hanno rubato — e rialzatosi, fuori di sè traversò di volo il corridojo e scese le scale a precipizio.

Sparite le economie del suo lavoro di più anni, sparito il mezzo per andare da Roberto, non avere più nulla! Egli si trovò sulla strada, forte piangendo e ripetendo: — al ladro, al ladro!

Dinanzi al portone era una bottega da fabbro-ferrajo. Per caso il maresciallo della brigata ed un gendarme stavano là parlando col maestro. Alle grida del fanciullo si volsero frettolosi e domandarongli che cosa fossegli accaduto. Zaccaria balbettando, lagrimoso, e tremante: — m’hanno rubato — disse loro. — Avevo la mia borsa, la borsa della signora con tante monete, lassù, dentro lo strapunto, e me l’hanno rubata.

— Calmati, figliuolo, riprese autorevolmente il maresciallo, e dimmi bene com’è andata la faccenda.

Intanto per precauzione s’era posto col gendarme sul portone della casa, in modo da sbarrarne l’uscita. Zaccaria narrò loro la sparizione del borsellino,