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vere coprì tutto. Allora il fanciullo postasi la cassetta vuota sulle spalle, se ne tornò lentamente verso Roma. Presso i giardini del Vaticano s’imbattè con la retroguardia, ed i soldati fecero un hurrà al piccolo sigaraio.

Passo passo giunse alla sua casa. Il cattivello di Giovannino pareva stesse all’erta spiando il ritorno del fanciullo: e non appena ebbe udito ch’egli ascendeva le scale, prese a guaire come un cane malmenato, per burlarsi di lui, che doveva essere afflitto per la partenza del Reggimento. Zaccaria non vi bado, ed andò difilato a rinchiudersi nel suo bugigattolo. Rimase là dentro più ore. Pianse. Chi sa che non maledicesse la sua trista sorte di trovarsi solo al mondo?

Dopo il mezzogiorno vennegli in mente di contare il danaro datogli da Roberto. Cavò dal petto il borsellino, lo aprì, numerò le monete, e si accorse di essere più ricco di quel che credesse. Pensando forse alla sua benefattrice baciò il borsellino; vi ripose il danaro; lo avvolse in una carta; e, non avendo luogo più sicuro, cacciollo dentro lo stramazzino che servivagli da letto. Rifornita quindi la bottegola, usciva dalla soffitta, chiudendola accuratamente, e se ne andava per non fare che la giornata fosse tutta perduta.

Nel traversare la piazza di san Marco vide Giovannino il quale, come d’ordinario, stava già fra un branco di pessimi monelli a giuocare a battimuro1.

  1. A Roma i fanciulli del popolo minuto usano sovente giuocare a battimuro. Gettano contro un muro una moneta che di rimbalzo deve andare a cadere presso ad un sasso posto a mo’ di bersaglio. Vince colui che più lo avvicina con la propria moneta, e guadagna tutte le altre.