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Camera dei Deputati | — 89 — | Senato della Repubblica |
ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti
quali il Venerabile era ritenuto elemento determinante nel contrordine: tale il convincimento di Fabio De Felice, il quale ne fece parte ad un giovane adepto, Paolo Aleandri, che poi provvide a mettere in contatto con Licio Gelli. L’incarico era quello di tenere i contatti tra questi e l’avvocato De Jorio, allora latitante a Montecarlo; e in tale veste l’Aleandri ebbe numerosi incontri con Licio Gelli, che si sarebbe prodigato per «alleggerire» la posizione processuale degli imputati. Le deposizioni dell’Aleandri che trovano conferma in quelle di altri elementi quali Calore, Sordi, Primicino hanno il pregio di fornire la prova del contatto diretto tra Licio Gelli e quegli ambienti, aggiungendo un riscontro preciso alle considerazioni generali già espresse. E stato altresì testimoniato che Licio Gelli teneva il contatto con ufficiali dei carabinieri, e certo è che tra i congiurati era diffusa l’opinione che ambienti militari sostenevano o quanto meno tolleravano l’operazione. Certo, il Borghese si esprimeva nel suo proclama con decisione: «Le Forze Armate sono con noi».
A loro volta questi elementi ben si inquadrano nel contesto di una serie di deposizioni dalle quali emerge come la generazione immediatamente successiva a quella direttamente coinvolta nel golpe Borghese vedeva nel Gelli l’espressione di ambienti «che in forma più o meno palese venivano contattati, però non con l’esplicita richiesta di aderire ad un golpe, quanto per avvicinarli a posizioni che implicassero un loro consenso per una svolta autoritaria o comunque per una democrazia forte». Tale almeno l’interpretazione di Fabio De Felice. Sta di fatto che nell’analisi che questa generazione forniva di quegli eventi si assumeva che un’opera di strumentalizzazione fosse poi stata messa in atto proprio dal Gelli e da coloro che gli erano vicino. Per tali considerazioni venne prospettata persino l’eventualità di eliminare fisicamente il Venerabile della Loggia P2, segno questo che la presenza di Gelli in quegli ambienti aveva assunto un rilievo non secondario, incidendo sulla loro operatività con conseguenze che venivano valutate come deleterie per l’organizzazione.
Accanto alla figura di Licio Gelli, un altro elemento di spicco nell’analisi di questa vicenda è costituito dal generaLe Vito Miceli, Direttore del SID dal 1970 al 1974. In proposito quello che a noi interessa è rilevare come sia acoertata l’esistenza di contatti tra il generale Miceli, allora nella sua veste di capo del SIOS, Orlandini e Borghese, contatti da far risalire al 1969. Tali eventi si accompagnano significativamente alla sua nomina al vertice dei Servizi, che il Gelli si vantò, come sappiamo, di aver favorito e che precede di poco il tentativo insurrezionale guidato dal principe nero.
Contatti aveva altresì il generale Miceli con Lino Salvini, al quale aveva consentito di mettersi in contatto con lui sotto lo pseudonimo di «dottor Firenze».
Questi dati, unitariamente considerati, vanno letti in con la successiva inerzia del generale nei confronti delle indagini sul Fronte Nazionale, condotte dal Reparto D guidato dal Maletti. Con questi il Miceli entrò poi in contrasto, avendo richiesto