Pagina:Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia P2.pdf/57

Camera dei Deputati — 49 — Senato della Repubblica


ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti



veda che una struttura parametrata al modello descritto può avere possibilità di concreto funzionamento solo postulando una direzione di vertici che, superando la parzialità delle relazioni sociali ed in sé assumendole, consenta all’organizzazione di estrinsecare i propri contenuti. L’assenza infatti di un fondamentale momento di vita associativa quale l’assemblea comporta di necessità l’esistenza di un modello funzionale nel quale il vertice provveda a quanto non realizzato dalla base: determinare, cioè, le linee generali di azione della organizzazione.

Tale modello era per l’appunto quello della Loggia P2 nella quale il Venerabile Maestro assumeva configurazione di dominus assoluto dell’associazione, non trovando di fronte a sé alcuna forma di espressione consorziata della volontà degli affiliati. Come tale Lido Gelli non ripeteva la sua posizione da procedimenti elettivi, dei quali non si ha traccia alcuna, mentre per converso ci è noto che il Salvini ne decretò, su impulso del Gamberini, l’elevazione al rango di Maestro Venerabile rigidamente elettiva secondo gli statuti massonici.

Lo schema di funzionamento sociale che abbiamo individuato ci consente di affermare che la Loggia P2 si pone come una associazione di assetto piramidale caratterizzato dall’assenza o dall’estrema labilità dei rapporti orizzontali tra i soci. Ad essa corrisponde l’individuazione, estremamente significativa, di una serie di rapporti verticali instaurati tra la base ed il vertice, tra gli affiliati ed il Gran Maestro, ampiamente documentati, in univoco senso, alla documentazione epistolare e dai riscontri testimoniali.

Questo modello funzionale era del resto esplicitamente portato a conoscenza degli affiliati, secondo quanto si ricava da una lettera circolare dal Gelli inviata ai nuovi iscritti, nella quale è dato leggere: «Colgo l’occasione per ricordarti che per qualsiasi tua necessità dovrai metterti sempre in contatto diretto con me e che nessuno che non sia stato da me esplicitamente autorizzato — della qualcosa ti darò preventiva comunicazione — potrà venire ad importunarti: qualora si dovesse verificare la deprecabile ipotesi che del resto è assai remota, per non dire impossibile di un tentativo di avvicinamento da parte di persona che si presenti a te facendo il mio nome, sarei grato se tu respingessi decisamente il visitatore e mi dessi immediata notizia dell’accaduto».

Il testo citato offre alla nostra attenzione un duplice dato conoscitivo, perché, oltre alla puntuale descrizione della situazione di verticalizzazione dei rapporti sociali individuata come caratteristica strutturale della Loggia P2, ci conduce alla prospettazione in termini conclusivi del problema della segretezza dell’organizzazione.

La ricostruzione proposta della storia della loggia nell’ambito del Grande Oriente ci ha consentito di affermare che, attraverso il processo di ristrutturazione che intervenne a partire dalla Gran Loggia di Napoli del 1974, la Loggia P2 venne a porsi in una condizione di segretezza non più assimilabile alla riservatezza propria della tradizione massonica e tale da consentirci di definire l’organizzazione come contrassegnata da una connotazione oggettiva, ovvero strutturale, di segretezza. Quando adesso si considerino le rac-