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Camera dei Deputati — 147 — Senato della Repubblica


ix legislatura — disegni di legge e relazioni — documenti



preso in considerazione e studiato per quello che esso realmente vale: ovvero il riepilogo rivelatore degli umori politici di ambienti determinati, la cui qualificata presenza nella vita del Paese deve indurci a non trascurare alcun dettaglio conoscitivo.

In tale prospettiva lo studio del piano di rinascita democratica, sotto il profilo dei contenuti, conferma la filosofia di fondo di stampo conservatore, o meglio predemocratica secondo le parole del Commissario Ruffilli, che ci è nota, concretando in tale direzione un ulteriore stadio di sviluppo quando si consideri la finalizzazione che esso postula del funzionamento della società e delle sue istituzioni al perseguimento dell’obiettivo della massima incentivazione della produzione economica. Traspare infatti dalle righe di questo singolare breviario politico, calata in una prospettiva genericamente tecnocratica, l’immagine chiusa e non priva di grigiore di una società dove si lavora molto e si discute poco. L’analisi a tal fine svolta nel testo degli istituti politici ed amministrativi viene condotta, con conoscenza di causa, nel dettaglio dei problemi: dalla riforma del pubblico ministero agli interventi sulla stampa, dai regolamenti parlamentari alla politica sindacale, sino alla legislazione antimonopolio ed a quella sull’assetto del territorio, nulla sembra sfuggire all’attenzione dell’anonimo redattore del documento eccezion fatta per i problemi del settore militare, secondo il rilievo prima analizzato1.

Il dato di analisi che occorre qui sottolineare è che il piano di rinascita democratica non è un testo astratto di ingegneria costituzionale, come molti affermano proponendo incauti paragoni, nè un documento di intenti che lo possa qualificare come il manifesto della Loggia P2. Esso è piuttosto un piano di azione che, oltre a fissare degli obiettivi, predispone in dettaglio le conseguenti linee di intervento e come tale ne arriva a preventivare perfino il fabbisogno finanziario.

È facile constatare infatti che l’analisi in esso effettuata e le terapie predisposte non appaiono astratte ed avulse dal concreto della realtà politica italiana; valga per tutte considerare quanto previsto dal punto D del n. 3: «dissolvere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art. 21 della Costituzione». Affermazione questa che offre ampi spunti di meditazione quando si ponga mente alla data della sua formulazione (1975) nonchè alla singolare, a dir poco, preveggenza di quanto verificatosi successivamente. Di maggior pregio il riscontro che le operazioni politiche effettuate in danno della Democrazia Cristiana e del Movimento Sociale Italiano, sopra citate in dettaglio, trovano nel testo puntuale e specifica previsione.

Si vuole ancora portare all’attenzione il passaggio del testo in cui possiamo, leggere: «Primario obiettivo ed indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l’eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati nonché pochissimi

  1. Vedi pago 83.