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Fano, ov’era improvvisato in poche ore un ufficio telegrafico completo, e regolarmente funzionante. Partecipava i suoi atti e risoluzioni alle Ambasciate di Francia e Sardegna a Roma, e ai rispettivi Consoli di Ancona spediva officialmente l’egregio Avvocato Giuseppe Tomassoni a perorare la causa della città, e invocare l’alta protezione del Re eletto, e del suo magnanimo alleato. Con amplo mandato di fiducia, e facoltà di disporre a vista fino alla somma di cinquantamila scudi, inviava pure in Ancona il Conte Bertozzi a promuovere e concertare con que’ cittadini il modo di rinnuovar l’occasione, fatalmente sfuggita, d’impossessarsi del Forte; e lo stesso conte Marcolini, cui dalla deferenza e stima dei colleghi era stata assegnata la Presidenza del Governo, sacrificando al comun volere e vantaggio il nobile desiderio di non abbandonare il paese in sì stringenti pressure, partiva pel campo ad offrire a Vittorio Emanuele i voti e le speranze della fanese popolazione. — Il Municipio assecondava il Governo con ogni sua possa, mentre dignitosamente rispondeva per le stampe il Gonfaloniere alle intimazioni del Bellà con una lettera che resterà esempio del civile coraggio suo, e del fermo volere dei fanesi nel cui nome parlava. I cittadini, senz’altre armi che le poche e disadatte tollerate dalla miticolosa paura dei poliziotti papali, accorrevano premurosi ad abbarrare le porte, ad afforzare le mura, e quando il sospetto o la coscienza del vicino pericolo dava l’allarme, bello era il vederli prepararsi a disperata difesa, facendo arma di tutto che lor veniva alle mani, e dichiarandosi ad alta voce parati ai più estremi partiti.

Ma Perugia cadeva fra il sangue sotto gli occhi dei liberi fratelli toscani; simil sorte apprestavaci il Bellà, nè le Romagne davan segno di voler soccorrere questa Provincia, il cui movimento le avea pur liberate da quelle truppe che or piombavan su noi, tanto più deboli e men numerosi, intatte d’uomini e d’armi. La virtù e lo slancio de’ popoli erano elisi dai diplomatici impegni o dalla esagerata timidezza de’ Governi, che pur col nostro avean comune l’origine e lo scopo.

Lungi da noi l’idea di attribuire a nessuno men che rette intenzioni; ma certo che dovea riescir ben grave e doloroso a quegli uomini che tanta cura avean posta nel coordinare e predisporre l’azione pronta e vigorosa della Provincia, nel promuo-