Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
cia abbattevano gli stemmi papali, e salutavano il tricolore acclamando Vittorio Emanuele. Pesaro fremente dovè restarsi innanzi agli Svizzeri accorsi soverchianti nella notte; ma chi, ignorando l’avvenuta mutazione, avea data la parola per Pesaro, nobilmente la tenne, e il Guerini a capo di una schiera di coraggiosi ne sortì a sostegno delle minori città più fortunate.
Avevamo noi allora al nostro Comitato Cittadino Giulio Cesare Fabbri, Giovanni e Vincenzo fratelli Rossi, Giuseppe Benini, e il conte Domenico Amiani. A questi e ai due membri del Comitato Provinciale era affidata la scelta delle nuove autorità, e cadde di comune consenso sui più illustri per nome, per principii, per intelletto, per fermezza, preponendo alle cose di Governo i conti Camillo Marcolini e Annibale di Montevecchio cogli Avvocati Gabriel Angelo Gabrielli e Girolamo Civilotti; a quelle del Municipio i Conti Lodovico Bertozzi e Stefano Amiani, alle Militari l’Ingegnere Enrico De-Poveda, fatto capo superiore delle cittadine milizie, e datigli a valido aiuto Rossi Vincenzo, il Fabbri, il Benini, il Vampa, e il Barone Rodolfo Lüttichau.
Tutti qui sanno quanto onorevolmente ognuno tenne il suo posto, suffulti dalla pubblica fiducia e dal concorso degli altri tutti, in mezzo alla critica posizione di Fano.
A sole 7 miglia da noi si eran raccolte le vendute milizie fuggenti dalle Romagne, e un pontificio proconsole, il Bellà, furente che la nostra unanime e subita mossa l’avesse sorpreso ed accerchiato d’un tratto nella sua principal residenza, troncando ogni sua relazione con Roma, sfogava in orgie svergognate fra’ suoi pretoriani lo sbirresco livore, e ne imbaldanziva la vigliacca ferocia promettendo saccheggi e stupri, e minacciando con furibondi proclami le città ribellate.
Nè Fano si disanimava. — Provvedeva imperterrito il Governo alla piena sicurezza interna ed esterna, e al più perfetto ordine che mai si fosse veduto; spediva atto di adesione a Bologna; cominciava la pubblicazione delle leggi assimilatrici; e facea fronte con delicato pensiero ai pecuniari bisogni, ponendo severa e sindacata parsimonia nell’impiego del pubblico denaro. Toglieva ogni comunicazione con Pesaro intercettando i dispacci legatizi, rompendo il telegrafo, e fermando la linea a