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sostituirsi a lui. Il levati di lì, ci vo star io, è la frase di cui essi hanno più orrore, ed a priori disprezzano, o almeno sentono pietà per chiunque, preso dalla tarantola del potere, briga per conquistarlo sotto il pretesto di fare, anche lui, il bene del popolo.
Gli anarchici, appoggiandosi alla esperienza storica ed alla osservazione, concepiscono lo Stato non come una pura entità, o formula filosofica, ma come un certo numero di persone poste in un ambiente speciale e destinate quindi a subirne l’influenza.
Queste persone elevate a maggiori dignità, al potere, ad un trattamento superiore a quello degli altri cittadini, sono perciò solo forzati, per così dire, a credersi essi stessi superiori alla gente comune; e frattando le seduzioni che li assediano e le tentazioni li fanno cadere fatalmente al disotto del livello generale.
Ciò noi ripetiamo, senza stancarci mai, ai nostri fratelli — troppo spesso fratelli-nemici — i socialisti autoritari: «In guardia dai vostri capi e dai vostri rappresentanti! Essi sono certamente come voi inspirati dai migliori propositi; desiderano ardentemente l’abolizione della proprietà privata e della tirannia dello Stato; ma le relazioni e le occasioni nuove li cambiano a poco a poco: la loro morale in stretta connessione col loro interesse si altera, e, pur credendosi sempre fedeli alla causa dei loro rappresentati, le divengono per forza di cose infedeli.
Anche essi, divenuti detentori del potere, dovranno servirsi degli strumenti di potere: esercito, preti, magistrati, carabinieri, poliziotti e spie.
Sono già passati più di tremila anni, dacchè il poeta degli Hindu che scrisse il Maha Bharata, riassunse in queste parole l'esperienza dei secoli: «L’uomo che va in carrozza non sarà mai l'amico dell’uomo che va a piedi».
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Gli anarchici hanno, a proposito dei governi, l'opinione che si informa ad un principio reciso di negazione.
Secondo loro la conquista dai pubblici poteri non può servire che a prolungarne la vita insieme con la schiavitù corrispondente. Non è dunque senza ragione che il nome di anarchici, il quale dopo tutto non ha che un significato negativo, resta quello con cui noi siamo universalmente designati e conosciuti.
Potremmo anche dirci, come infatti qualcuno preferisce, libertari, ovvero armonisti, dal libero accordo delle volontà che, secondo noi, sarà la base della società futura; ma questi nomi non ci differenziano abbastanza dagli altri socialisti.
Ciò che ci distingue è la lotta contro ogni potere ufficiale; ciascuna individualità, essendo per dir così, centro dell’universo, e ciascuno avendo lo stesso diritto al proprio sviluppo integrale, all’infuori dell’intervento di un potere che lo diriga, lo disciplini e lo castighi.
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Voi conoscete il nostro ideale. La prima obbiezione che ad esso si fa è, innanzi tutto, questa: «È desso veramente nobile, e merita il sacrificio degli uomini a lui devoti ed il rischio terribile di una rivoluzione? È pura la morale anarchica? e nella società libertaria, se si costituirà, l'uomo sarà migliore che non in una società basata sul timore del potere e della legge?