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viglie del sapere, il pescatore come l’impiegato, quanti insomma contribuiscono alla produzione della ricchezza o comunque colla loro diuturna fatica, alla prosperità ed al benessere del paese: questione di sostanza e non di parole perchè si deve diffondere l’amore del lavoro ed inorgoglire di potei si chiamare lavoratori, perchè l’avvenire della Patria è nelle mani di chi lavora per cui solo lavorando e facendo concorrere nello sforzo tutte le nostre facoltà ed attività sociali potremo riparare i danni patiti mettendoci all’opera di ricostruzione senza esitazioni, senza reticenze, guardando arditamente in volto l’avvenire.

Bisogna tornare alla serenità dei giudizi, alla semplicità dei costumi, di gusti, alla moderazione dei desiderii, al desiderio di ciò che si può e si deve ottenere, perché lo sfarzo il lusso, la ricchezza abbacinante non sono la vita, non sono la felicità o lo sono forse per pochissimi mentre tutti dovrebbero e potrebbero avere la loro felicità sol che volessero riconoscerla nell’ambito della loro quotidiana opera laboriosa e foggiarsene un mezzo di prosperità e di tranquillo godimento.


XI.

La fiducia in te stesso.


Uscendo dalla guerra devi sentire una fiduciosa sicurezza nelle tue forze con una coscienza precisa di valere se non di più certo non meno di qualsiasi altro bipede di questo umano consorzio e col tuo lavoro unendoti ai tuoi compagni, per maturata decisione della tua intelligenza devi riuscire a farti apprezzare nel mondo, preferendo di essere stimato e cercato per le tue doti, rispettato e riconosciuto in quello che siano i tuoi diritti, piuttosto che temuto per la tua violenza perché