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20 | la miscellanea chiaravallese |
ai fotti, a 1 quali accenna, perchè non valga la pena di darlo per intero, come faccio, trascrivendolo dalla copia del P. Corbetta. Dopo le esso non ha più bisogno di spiegazioni. Kcco il documento.
Figlio amantissimo come sfortunato.
La vostra ultima lettera haverebbe con la forza delle raggiorn per consolare questa infelice Madre, disnuvolato l’occidente del viver mio; ma troppo fuori dei poli è il mio Orizonte e perduto col titolo di Reg na quanto bene haver dovevo in questa vita. Non mi conosco ne anco Donna e viva, se non dall’afflittione, che rege un cadavero spirante, e mi distrugge a poco a poco. Gli accidenti nostri sono moli che sopprimerebbero cuori maggiori de nostri, se più generosi se ne trovano, e la mia penna trema con la mano a ricordarne la cagione. Ma io sono stata il fabro dei miei mali, perchè non dovevo mai lasciare il Re, mio Signore e marito vostro amantissimo Padre, perchè se non havessi potuto levargli un fine così disproportionato a tanto merito, a tanto Re, sarebbe a me almeno stato di consolatione l’accompagnarlo nelle priggioni ne gli horrori del morire, e le nostre anime tanto unite in vita, si sarebbero vicendevolmente ralegrate di passare congiunte all’altra vita, col ridersi delle metamorfosi, e sceleratezze d’una nemica fortuna.
Ma voi sapete, o mio caro, quanta resistenza feci al partire, e che ne gli ultimi miei congedi abbracciando i suoi ginocchi reali, e supplicando vostro Padre, e mio Signore a non permettere questa dura separazione; Egli mi solevo al collo, e mi disse; Madama, a mali estremi devonsi estremi remedii, e di duoi mali è necessario attacarsi al minore. E se voi restate meco, che sarebbe il sommo delle mie consolazioni, chi mi caverà dalle mani e dalle insidie di questi ingrati, e chi mi può meglio di voi procaciarmi aiuti? Di gratia non mi affligete più replicando. Et io so che mi trovai da lui lontano ben dieci leghe senz’accorgermi d’haverlo lasciato, perchè il dolore mi cavò fuori da miei naturali sentimenti.
Pensò egli bene il sospirato mio marito e Re, e nondimeno l’evento delle cose per la malvagità della medema Fortuna, che rese inutili le mie fatiche, ha reso sfortunata la mia partenza del Regno.
Se il Re Luigi mio fratello e Signore fosse sopravivuto, era la giornata molto ben pensata, perché nell’animo suo reale più poteva la