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Ma se di nuovo al cenno mio ribelli,
     Tristi gli animi avranno e al male intènti,
     Al tuo regno per sempre io le abbandono.


VI.


Al dileguar dell’infeconde brume,
     Suggellâr con un bacio il nuovo rito,
     Ed ecco insiem col radíoso Nume
     Siede la Morte a nuzial convito.

Di più vivo splendore il ciel fiorito
     Versa dall’urne d’oro un roseo fiume,
     Curioso affacciandosi dal lito
     Ornasi il mar d’iridescenti spume.

Orsù, gemme canore, alto su l’ali
     Canti nuovi intrecciate all’aure amiche,
     O vaghe Ore, intessete agili balli.

Ecco la Gioja in lucidi cristalli
     Mesce l’oblio de le sciagure antiche,
     Ecco intuona alla Vita inni augurali.


VII.


Cadeste alfine, o della notte amanti
     Coronati fantasmi, ibridi mostri,
     Alla prona viltà ferrei giganti
     Che allagaste di sangue i tempi nostri!


Dall’Are infami, da’ polluti chiostri
     Dileguaste anche voi, torpidi santi:
     Non orecchio ha più il Cielo a’ vostri pianti,
     Non refugio la Terra a’ passi vostri.

Nome vuoto or voi siete, immani larve,
     A cui fu vasto e tenebroso impero
     La cieca e delirante anima umana:

Aspro esilio per voi la terra parve,
     Il piacer de la vita immagin vana,
     Provvida la menzogna, orrido il vero.


VIII.


O novella progenie, a te la Sfinge
     Sgropperà degli enimmi ultimi il senso:
     Già dissipa Sofia col raggio intenso
     Il terror che in ogni ombra un dio si finge.

Con l’audace virtù ch’oltre lo spinge,
     Il redento Pensier squarcia il vel denso,
     Onde Maja ravvolse il Tutto immenso,
     E del Buono e del Ver l’apice attinge.

A te dell’arte incantatrice il fiore,
     A te de la Beltà nitida il viso
     Molceran l’operosa anima forte;

E tu, d’un’alta Idea vòlta al sorriso,
     Libera splenderai come l’Amore,
     Equa dominerai come la Morte.


DOPO LA VITTORIA


     Vinse egli, sì, ma in cento parti offeso
Sanguinava il suo corpo. Era deserta,
Arida, immensa, di rovine ingombra
La valle, e anelando egli si assise.
Qual cima di nevosa alpe a l’azzurro,
Biancheggiava la sua fronte, lambita
Dal recente mattin, ma le sue membra
Tutte ancor ne la notte erano immerse.
Quando il Sole mirò: Padre, gli disse,
L’anima mia ne la tua luce accogli:
Finalmente di te degno mi sento!
E mentre assorto favellava, il sangue,
Che fluía lento da le sue ferite,
Di nere pozze e di vermigli fiori
Incolorava l’infecondo piano.
«O vivo sangue mio, fervido sangue,
Sgorga da le mie vene, e il suol feconda!
Abbandonato nella gora immane
Dunque non eri tu, povero oppresso,
Quando i visceri tuoi fra mòrse atroci
La miseria stringea, quando da’ tuoi
Occhi, dall’ira e dal dolor travolti,
Come liquido bronzo a goccia a goccia
Gemea l’anima tua nata all’amore?
Alcun dunque t’udía là nella cupa
Notte del mondo? E v’eran ciglia insonni
Sul tuo supplizio aperte, umili cuori
Che notavano i tuoi spasimi, insieme
Spasimando nell’ombra? Or va’, sublime
Ora de la battaglia ultima, scuoti
Da’ cardini la terra, il ciel traversa,
E a quanto vive su la terra, a quanto
Sogna rapito negli spazj eterni,
Reca il fragor de le catene infrante,
Spargi il tripudio de’ redenti cuori,
Porta il bacio dell’uom libero alfine.
O vivo sangue mio, fervido sangue,
Sgorga da le mie vene e il suol feconda!

Queste che vedo dileguarmi intorno
Nebbie sono e vapori, o non più tosto
Fantasime di numi, ombre regali,
Uomini d’altre età, razze omicide,
Torbide forme che offuscâr la vita,
Polvere d’un infranto astro dispersa
Oscuramente fra la terra e il cielo!

     (O vivo sangue mio, fervido sangue,
Sgorga da le mie vene, e il suol feconda!)
Vostro un tempo fu il mondo? Il corpo mio
Fu vostro un dì? Qual che voi siate o foste,
Io vi perdóno: ogni parvenza ha un’ora.
Ogni inganno il suo tempo. Errori e mali
E menzogne e delitti ebbero un regno
Mostruoso nel mondo. E che? Dal seno
Dell’eterno indistinto, o come io penso,
Dall’anima dell’uomo, irruppe un astro,
Che s’attestò, puro raggiando, al bieco
Disco dell’ombre. Traballò grand’ora,
Siccome ebbra, la terra al cozzo orrendo,
Ma da quell’urto una gran luce emerse,
E da quell’ora la Giustizia ha regno.

     O vivo sangue mio, fervido sangue,
Sgorga da le mie vene, e il suol feconda!
Ma non a voi più mai, squallidi aspetti
Del passato, si volga il pensier mio:
Lunga fu la mia notte e grave il danno,
Ma finalmente ecco trionfa il Sole.
A voi, stirpi redente, uomini nuovi,
Buoni, forti, operosi, a voi, divini
Fiori del sangue mio, tutto in quest’ora
Lo sguardo mio, l’animo mio si affisa:
L’eterna giovinezza ecco in voi libo;
Ecco, a’ letti beati Ebe mi assume.

     Intrecciate alle chiome allori e rose:
Giorno di nozze e di vittoria è questo!
Apri, o Lavoro, le officine immense,