Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Dei forti, or veglia al povero letto d’un moribondo.
O signora, la fama la strombazza maligna;
Dietro a lei Mefìstofele con torto labbro ghigna:
Io però che di Satana sono amico sincero
Ed amo un bell’inganno più d’un uggioso vero,
Io che per un poema, che barbaro non sia,
Darei, s’anco immortale fosse, l’anima mia,
E per languire in braccio d’Elena un solo istante
Rinunzierei, mi creda, alla gloria di Dante,
Io, quando ascolto i suoi versi, o nobil signora,
Sento sì, ch’è una maga, ma ch’è una donna ancora
Sento ch’ella ama, piange, ricorda, oblia, perdona;
Ch’è capace di tutto, perfin d’essere buona.