Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Ed aggrappato al suo materno tufo
Il solitario grillo
Invoca il sonno con assiduo trillo.
Allor questa nojosa
Creta e mia vita dolorosa oblio;
E già mi par che sciolta
D’ogni senso mortal la disiosa
Ala sollevi al ciel l’anima mia,
Chiara qual sole e libera qual vento.
Ma qual voce e lamento
Da questa nova, luminosa via
Chiamarmi a nome e richiamarmi io sento?
Maria, dolce Maria,
Non turbarmi quest’ora! Ah, ch’io non vegga
Quei pensosi occhi tuoi, che fùr già tanto
Raggio di ciel per me, ch’io non li vegga
Per mia cagione in pianto!
Ahi, della vita lieta,
Breve pur troppo e pur suave e cara,
L’ora passò, passò qual fuggitivo
Sonno di ciacciatore;
Lunga stagion di pianto e di dolore
Per me seguì, per te gioja e festivo
Fulgor di tede e amore.
Vedi, sul labbro mio più non s’accende
Roseo lume di gioja, entro alla stanca