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M’è sacra al cor l’intera
Laboriosa tua vita gentile;
Più che gemma orgogliosa
Amo l’ingenua rosa.
Al par di te son’io
Operajo, o fanciulla: a me le fila
Dell’incorrotta cetra,
Come a te l’ago e il fil, permise Iddio.
Sovr’essa io l’ingegnosa
Tela distendo degli affetti miei,
E il sottile dei carmi arduo lavoro
Alle sue corde affido;
Ma come l’onda che si rompe al lido,
S’agita nel mio cor l’anima inqueta,
Chè di serena e lieta
Tranquillità non diemmi il ciel tesoro,
E fo molle di pianto il mio lavoro.
O gentile operaja, a te di pure
Albe si vesta il cielo,
E a lunga giovinezza Iddio ti serbi!
Negl’ignorati, acerbi
Casi, onde afflitta è ognor la vita mia,
Te chiamerò soventi
A rallegrare miei vedovi giorni;
Nè di pallide guance o di languente
Viso o di piè leggero