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matiche del Carmine, di San Marco, di San Simpliciano. Sarebbe come pretendere che la nostra gioventù danzante rinunciasse alla vorticosa galoppe per il contegnoso minuetto del secolo passato.

Altronde, la poesia a sbalzo, benchè non nuova nella forma, è destinata ad avere adesso il suo massimo sviluppo, perchè cónsona ai bisogni dell’epoca: la quale, come fa allargare le contrade divenute insufficienti a tanta circolazione di popolo e di grossi veicoli; così esige che indeterminatamente si allarghino i periodi al più libero muoversi del pensiero sciolto, pieno, non trattenuto da una rima inevitabile, nè impicciolito dallo strettojo d’una strofa. In questo modo si dice ciò che si vuole, e come si vuole: si è più padroni della propria lingua; l’autore è più completamente sè stesso. E poi (altro bisogno dell’epoca) si risparmia sul tempo: e il tempo è prezioso in questa vita così occupata e così breve. A chi reggerebbe ora la coscienza di consumare sei mesi per cento ottave, quando in due settimane si possono scrivere mille versi a sbalzo? E poi...

Ma appunto perchè il tempo è prezioso, non vo più avanti. Sarei ben matto a spiegare in prosa la teorica dei versi a gente sazia di versi e di prose. Nè ho cuore di proseguire nemmeno per gli amici, perchè essendo già un quarto d’ora che parlo, ho paura che si addormentino tutti.

Dunque, buon Natale, e buon capo d’anno a tutti quanti: ma biglietti di visita, a nessuno. Le mie carte di visita sono là dal librajo: tutto il mondo è invitato adesso e sempre a volersene procurare.