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cullatrice di Oreste: e Oreste, svaporato il furore, consumò il sacrificio leggendo fino all’ultimo verso, per non isvegliarlo con una brusca fermata, e farlo trovare mortificato del suo brutto complimento.

Ma in che labirinto di fanfaluche vo io ingarbugliandomi? State un po’ a vedere che nel render ragione del perchè mi rifiuto a dare la solita prefazioncella, mi troverò fatta senza accorgermene una prefazionaccia delle più strambe! Non vorrei rassomigliare a quel distratto della comedia, che levatosi da letto una mattina coll’intenzione di restare in casa tutto il giorno, si tenne in veste da camera, mutande e pantofole; ma poi, escito per qualche affare in quella foggia, rispondeva per le contrade a quanti se ne meravigliavano: “è perchè oggi non mi movo di casa.”

No che, pensandoci bene, non gli rassomiglio. Questa non è prefazione, e non può esserlo: perchè sono ciarle affatto estranee alla presente poesia sul Natale: e ve ne avverto io per non lasciarne ai critici la scoperta. La vera prefazione, se mai alcuno si ricorda ancora di una mia promessa, doveva specialmente versare sui motivi che mi indussero da qualche tempo a questo modo di verseggiare senza freno di metro. Oh che lampi nuovi di filosofia e di estetica musicale avrei fatto balenare in quel proemio che non voglio far più! Vi avrei perfino spiegato come il mio ultimo e migliore maestro di poesia sia stato il campanile di San Giovanni in Monza. Sì: in quel modo che i concerti di campane a ruota suggerirono ai poeti italiani la terza, la sesta e l’ottava rima colle loro cadenze attese a tempo fis-