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stanze loro, e più quelle de’ sudditi, sacrificavano in servigio di questo o di quel potentato straniero cupido di ottener dominii in Italia, avessero invece ad uno, o a diversi di quei generali italiani che gran fama in quel secolo conseguirono, quei patti o proposti o consentiti che Wallenstein allora otteneva, agevol cosa probabilmente sarebbe riescita il liberare essi principi e l’Italia dal predominio degli stranieri. Ma troppo erano a quell’età meschine ambizioni, odii e pregiudizii radicati nelle corti italiane, perché un fatto così salutare potesse aver luogo.
Ebbe dunque Wallenstein il comando dell’esercito con poteri illimitati, e tosto mandava ufficiali ad arrolar gente in diversi paesi d’Europa. Vennero, per esempio, in Italia per sue commissioni, il marchese Giulio Rangoni e il marchese Cornelio Bentivoglio, o per far leve, ovvero ad acquistarvi corazze per la cavalleria, secondo disse il Priorato, e forse per l’una cosa e per l’altra. In breve liberò poi Wallenstein la Boemia dai sassoni, facendo correre il loro stesso paese dalle genti del venturiere Holk. Ed offeriva egli in quel tempo ad Ernesto, intimo suo amico, come nel precedente anno lo aveva detto il Bolognesi scrivendo al principe suo, di affidargli ventimila uomini nel paese di Juliers con titolo di generale di artiglieria, essendo già occupato, come scriveva il diplomatico ora citato, il posto che a lui sarebbe spettato di mastro di campo . Onde Ernesto, che già passato aveva il Reno col duca di Lorena, apprestavasi a raggiungerlo: se non che andato a Vienna vi fu di nuovo trattenuto dalla podagra, e narra il Bolognesi avere allora molti elogi intesi ch’ei faceva di Wallenstein. Ma risanato ch’ei fu, non volle l’imperatore privare il duca di Lorena del sussidio di quell’esperto consigliere, e lo rimandò a capo di quindici mila uomini in Alsazia. La memoria delle cose da Er-