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i francesi che invasero i suoi stati; mentre le genti raccogliticcie ch’egli intanto aveva inviato contro il re di Svezia, venivano da questo sconfitte. E fu dunque Ernesto mandato presso di lui con grado di sergente generale di battaglia, che era il settimo tra quelli dei generali; e in questo caso sostener doveva l’ufficio di un vice comandante di esercito e di consigliere di guerra. Incarico suo speciale era poi quello di mantenere in fede quel duca. Le gravi circostanze in che l’impero si ritrovava avevano intanto forzato l’imperatore a riporre a capo delle sue truppe il Wallenstein , troppo pericoloso stimando l’averlo nemico; essendosi anche detto che aveva offerta l’opera propria a Gustavo, da questo non accettata. E invero ostilmente procedettero allora appunto contro di lui gli svedesi assediando la città di Wismar, nel ducato già suo di Meklemburg; donde sgombrar dovettero i 3200 soldati imperiali che rimasti vi erano, secondo narra lo Schröder storico di quella città, la quale nel 1648 fu poi ceduta alla Svezia. Ancora fu detto di Wallenstein che segretamente favorito avesse l’elettore di Sassonia nelle conquiste che andava facendo in Boemia, e che tenesse pratiche coi protestanti boemi. Ma quali che fossero i pensieri di quel generale, i talenti suoi militari, l’influenza da lui esercitata sulle truppe, che era tanta da rendere difficile ad altri il comando, e il favore ch’ei godeva presso i migliori generali imperiali, lui rendevano in tanto abbassamento delle cose dell’impero, presso che indispensabile. E ciò ben sapendo egli, e volendo dei torti ricevuti vendicarsi, umilianti condizioni impose; quella tra l’altre che a disposizion di lui le conquiste rimarrebbero che si facessero, e la facoltà senza controllo di far confische pel mantenimento dell’esercito, secondo ei diceva. E qui torna in acconcio una considerazione. Che se i principi italiani che le so-