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ne sia, dell’impresa della Boemia lasciò l’incarico ai sassoni, e andò egli stesso ad Erfurh, che spontanea gli aprì le porte, e dove il suo quartier generale si stabiliva. Mosse quindi di là al conquisto di Würzburg, di Francfort sul Meno e di altre città; Magonza, sgombrata dagli Spagnoli, volentieri lo accolse. A Königstein pose Gustavo le mani sulle ricche prede raccolte da Pappenheim, che colà come in luogo sicuro le aveva depositate, e le distribuiva tra i soldati.
Il pericolo in che erano Vienna e la corte imperiale indusse allora Ernesto ad accorrervi da Glogau, ove s’era dapprima temuto fosse per voltarsi Gustavo: ma inaspritasi vieppiù a Vienna l’infermità che da più tempo lo teneva in angustie (ed era, secondo credo, la gotta della quale sappiamo che soffriva frequentemente) dovette porsi in letto. E intorno a quel letto, scriveva il Bolognesi al duca, essersi adunato per ordine dell’imperatore il consiglio di guerra, nel quale il riordinamento fu decretato dell’esercito di Tilly, e statuito che a difesa di Vienna rimarrebbero i diciottomila soldati di Ernesto, che erano, durante l’infermità di lui, governati dal generale Tiphenpost . Comunicavagli al tempo medesimo l’imperatore aver designato mandarlo, quando prendessero le truppe i quartieri d’inverno, in Italia per sciogliervi non so che voto suo alla Madonna di Loreto; nella qual circostanza, soggiungeva il Bolognesi nella lettera che questa notizia ci somministra, avrebbe avuto Ernesto la soddisfazione di presentare gli omaggi suoi al sovrano suo naturale. Ma gli svedesi dall’aspro clima nativo induriti alle fatiche, non consentirono agio agli imperiali di riparare ne’ riposi iemali le sbattute lor forze, né ad Ernesto d’intraprendere quel viaggio. Fu egli spedito invece nel dicembre al campo di Tilly a metter pace tra quel generale e gli altri a lui sottoposti, essendosi, come negli eserciti sconfitti intervenir suole, una fiera discordia suscitata tra i capitani. Andò poscia presso il duca di Lorena, il quale in mal punto prendendo parte alla guerra, avea tratto contro di sé