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Schiller, che truce ancora lo disse e crudelissimo (e qui esagerava alquanto quello storico della guerra de’ trent’anni): nativo di Liegi, riformatore dell’esercito bavaro, a più guerre era intervenuto, in quelle distinguendosi dei Paesi Bassi. Restavano allora all’esercito imperiale agli ordini del Tilly quaranta mila uomini, dei cento mila arrolati già da Wallenstein, avendo gli altri abbandonato col loro duce il servizio, e molti di essi essendo passati successivamente nelle file dei nemici dell’imperatore. Fra i rimasti aveva grado di capitano il giovane Raimondo. Ma in mala condizione erano quelle truppe; assai meglio le cose procedendo nell’esercito della lega cattolica, che contava un egual numero di combattenti. Dieci giorni dopo la deposizione del Wallenstein, quindicimila uomini fra svedesi e tedeschi, guidati dal re Gustavo e da officiali già provati nelle guerre contro la Polonia, o altrove, alcuni de’ quali salir dovevano poi a grande rinomanza, sbarcavano nella Pomerania, col consenso, dice il Bolognesi, di quel duca; il quale però è molto dubbio se volentieri lo desse; sembrando piuttosto che solo il mancare di forze bastevoli a fare opposizione agli svedesi lo inducesse ad allearsi con loro, che vollero nel trattato introdurre il patto di presidiargli la sua capitale Stettino.
Al muovere delle sue armi aveva fatto precedere il re Gustavo la pubblicazione di un proclama nel quale, senza toccare a cose di religione, due forti motivi esponeva che lui costringevano a dichiarar guerra all’imperatore: il soccorso cioè di 15.000 uomini da esso mandato ai polacchi combattenti contro di lui, che seco non aveva guerra; e l’occupazione di territorii sul Baltico, con minaccia ai suoi stati, imprese entrambe consigliate dal Wallenstein. Alle truppe di Gustavo molti soldati di questo generale s’unirono tosto, secondo dicevamo; come pure colle genti loro alquanti principi tedeschi, e colle sue l’avventuriere Mannsfeld; ed anche la guarnigione imperiale di Wolgast,