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aveva insino allora il nome di Wallenstein, o attratto anche dalla fama delle straordinarie ricchezze da quel generale accumulate, e facendo disegno di averlo aiutatore nelle imprese e negli acquisti che meditava, sembra avesse cominciato allora a formare progetti che ci vengono da una lettera di lui manifestati, nella quale chiedeva al Bolognesi se vero fosse non avere il Wallenstein se non una figlia sola; e voleva schiarimenti circa l’età di essa e la dote. E non aveva infatti quel generale se non una figlia, della quale son noti i soavissimi affetti che lo Schiller nel magnifico suo poema drammatico Wallenstein disse, o meglio immaginò a lei, in età troppo tenera allora per cotale bisogna, inspirati da un colonnello Piccolomini, uno di que’ nipoti del generale stati a quella guerra, e che quasi tutti perirono combattendo.
Era intanto l’imperatore uscito dalla dieta con isminuta riputazione, senza generale e quasi senza esercito proprio, essendo da prevedere che quello di Wallenstein sarebbe senza di lui andato disperso. Ma egli che dagli storici suol venire rappresentato non privo di vigore, geloso molto del decoro dell’impero e a bastanza desideroso del bene dei sudditi; con che intenderanno dire di quelli che erano cattolici, e non certo degli altri; io stimo che molto minor pensiero si desse degli affari dello stato di quello che attribuito gli viene. Ottavio Bolognesi ministro del duca di Modena presso di lui, confidente suo e de’ ministri e cortigiani imperiali, uomo, secondo dicevamo, di fino accorgimento e che d’ogni cosa teneva nota, non si peritò, quantunque a Ferdinando affezionato, e zelante dell’onore dell’impero, di porgere ragguaglio al principe suo circa a quei particolari ancora che non tornavano ad encomio dell’imperatore. Così mentre il Mailàth, storico non sempre imparziale, troppo facendo a fidanza con quanto intorno a Ferdinando scriveva il gesuita belga Lamormain , ce lo rappresenta di continuo