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dovere a questo luogo riferire. “Io accompagno con mia lettera la venuta del Co. Raimondo in codeste parti dove son tante onorate occasioni di travagliarsi, come ho lodato grandemente la sua risoluzione. So che presso Lei che gli è parente è superfluo ogni officio, nondimeno ho voluto scrivere, non tanto per raccomandarglielo, quanto per assicurarlo ch’egli dotato di qualità degne della sua nascita merita ogni aiuto e favore”. Ci rimane poi la lettera colla quale a consimili raccomandazioni fattegli dal duca Cesare, rispose Ernesto promettendo favorire secondo suo potere il cugino, del quale aveva potuto apprezzare le singolari qualità dell’animo; e ciò vie più per meritare a sé la continuazione delle grazie del suo sovrano. Fu per avventura compagno di viaggio a Raimondo il fratello di Ernesto da noi nominato.
In Ulma rivide Raimondo il generale, e fu poscia nell’ottobre con incarichi militari a Colonia. Da una lettera che di colà scriveva il dì trenta di quel mese a Girolamo Torre ci è conto che di recente era stata sua madre nuovamente inferma, e il nome vi troviamo delle persone colle quali maggiori relazioni ebbe Raimondo durante la sua dimora in patria: ed erano una contessa Laura della quale non è indicato il cognome, due conti Cesi, il marchese Bevilacqua, il celebre Fulvio Testi, un Gherardini probabilmente del Frignano, un Torricelli, e un dottor Ricci, lo stesso, credo, che in Vienna sostenne per gli Estensi offici diplomatici. Dei Montecuccoli non sono in quella lettera nominati se non i conti di Renno, avversi già al padre di lui, secondo dicemmo; ed erano senza dubbio altri del parentado suo assenti allora da Modena. Ancora è parola nella lettera di un signor Sigismondo senz’altra indicazione. E da Colonia, donde scriveva Raimondo la lettera ora accennata, passò egli a Swanzig nel paese di Juliers, avviato, siccome al duca annunziava, alla Germania superiore al seguito del cugino Ernesto.
Non guari dopo il tempo in che queste notizie somministrava al principe suo il giovane guerriero, giungeva in Vienna, in officio di residente estense, e con lettere commendatizie pel conte Ernesto, Ottavio Bolognesi, ch’esser doveva poi confidente amico