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patria della moglie del sovrano pel quale militava, e dove egli stesso era nato, con che molto nocumento arrecò alla causa imperiale. A lui, se crediamo al Siri, anziché al Wallenstein che lo chiedeva, era stato concesso allora il comando delle truppe in Italia “come meno altiero e più dipendente”. Ad escusazione però del Collalto allegar si potrebbe che essendo egli al tempo del sacco di Mantova infermo, Aldringer e Galasso di questo si debbano chiamar responsabili; e il primo molto più che il secondo, avendo esso diretto le operazioni militari, e dati gli ordini pel saccheggio, nel quale a sé attribuì quanto era nel palazzo ducale, che fu trovato ascendere al valore di otto milioni di scudi, oltre quanto ritrasse vendendo prigionieri di guerra. Fulvio Testi che a nome del suo sovrano ebbe allora a trattare con lui, lo dice “vano, cupido di lodi, uno de’ più scaltri, de’ più avveduti, de’ più capricciosi uomini che si possano praticare nel mondo”. Nato lussemburghese, morì a Landshut in Baviera nel 1634. Era egli stato, al dire del Mailàth, servitore di un francese, che in Francia gli procacciò modo d’istruirsi, e passò poi scrivano a Trento. Rapidi avanzamenti nella milizia lo condussero finalmente, senza che segnalate imprese ei compiesse, ai più elevati gradi militari. Delle estorsioni delle truppe tedesche nel mantovano gran cose si dissero a Vienna, secondo di là scriveva Ottavio Bolognesi: e dichiarò anche il duca di Guastalla avere esse in due mesi consumato quanto bastato sarebbe per due anni. Molti di quei soldati che depredavano sul modenese furono uccisi dai contadini e dai cittadini con consenso, afferma lo Spaccini, del duca di Modena. Ma per rifarci alla venuta del Collalto a Modena nel 1625, non sappiamo se cagione della medesima fosse un incarico che dato gli avesse il generale Ernesto, o anche il duca di Modena, di condurre, come appunto fece, in Germania il giovane Raimondo desideroso d’intraprendere la carriera militare, ovvero se qui lo traesse il desiderio di visitarvi i Rangoni parenti suoi. Eragli nipote, secondo lo Spaccini, il marchese Fortunato: ed una figlia di Lodovico e di Bianca Rangoni s’era sposata nel 1622 al conte Marco Collalto, nella