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sempre però in istrette relazioni colla corte imperiale, mentre da questa veniva egli grado a grado levato in alto. Allorché poi si mise Wallenstein in opposizione coll’imperatore, stimò Piccolomini di far soltanto il debito suo se si separava dal duca. Dallo scritto di obbligazione ch’egli pure aveva firmato in Pilsen reputava di non trovarsi legato, atteso le circostanze d’allora. E sotto il re d’Ungheria una posizione doveva essergli riserbata, maggiore e più indipendente di quella che mai avesse potuto assegnargli Wallenstein. Per convinzione e pel proprio interesse si pose allora Piccolomini interamente a disposizione della corte, anche per la rimozione di Wallenstein.
V Compendio di una scrittura di Raimondo Montecuccoli esistente nell’archivio di stato a Modena intitolata: Pretensioni del conte Raimondo Montecuccoli sopra la proposizione di farlo mastro di campo generale di S. A. S.
1. Riconoscerebbe il Montecuccoli come grazia singolare l’ottenere la carica di mastro di campo generale (detto dagli Svedesi marescial di campo), la quale dal papa è stata conferita al Mattei, che al servizio imperiale non era che colonnello, e sarà dal granduca conferita al Borri se accetti, e dal duca di Parma è stata data a soggetti che appena sono conosciuti. 2. L’aver consumato il fiore della sua gioventù su molte guerre gli fa sperare di ottenere dalla sua clemenza qualche vantaggio su gli altri suoi servitori, che senz’essersi tanto adoperati, son pervenuti alle cariche più cospicue. Quel titolo lo scuserà presso il mondo di avere abbandonato ne’ maggiori bisogni l’esercito imperiale, e risponderà all’espettazione del conte Trautmannsdorf e di altri che hanno supposto avrebbe il comando delle armi ducali. 3. Tal carico leverebbe l’eguaglianza d’autorità fra due capi (intende dei comandanti di fanteria e di cavalleria) che si contrarierebbero l’un l’altro, e torrebbe di mezzo le pretensioni dei mastri generali degli altri eserciti su quello del duca che mancasse di tal carica. 4. E’ necessario uno che abbia ispezione su tutto per levare i difetti che sono nell’artiglieria, nella fanteria ed altre milizie. 5. Il mastro di campo non sottostà ad altri che al generalissimo, ch’egli supplica non sia mai altri che un principe del sangue. 6. Non sottostando che al generalissimo, dà gli ordini al generale d’artiglieria, e a quello di cavalleria, sceglie gli alloggiamenti loro, e così fa per la fanteria. Comanda a tutti e fa le veci del generalissimo.