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e a lungo contro i turchi; premiato infine col titolo di tenente maresciallo e col governo militare della Lombardia. Nei solenni funerali fattigli nel 1739 in Milano, l’elogio di lui (che si ha alle stampe) fu recitato dal padre Michele Casati.
E qui, pervenuti alla meta dopo così lungo cammino, ci piace invitare chi non si stancò nel seguirci sino a questo punto, a ritornar col pensiero sulle imprese di Raimondo Montecuccoli, che lasciò così splendidi vestigii nella storia, e venne da più scrittori comparato quando a Vegezio, quando a Fabio Massimo e quando a Cesare, e che dal Foscolo fu salutato il più dotto fra i capitani nati in Italia dopo il risorgimento dalla barbarie, e da Napione il più grand’uomo di guerra che forse vi sia stato in Italia. Il ripensare a quanto giunse egli a fare superando ostacoli d’ogni natura, al grado e alla gloria che in paese straniero ei conseguì, alla sapienza sua e al suo valore sui campi di battaglia, che al dire dell’Hassler, storico dell’impero austriaco, gli tenean luogo di un esercito, servendogli la prudenza di magazzini e di fortezze, ove mancavano, non può a meno di suscitare ammirazione per quella grand’anima italiana. Che se le sventure nostre non consentirono che in pro della patria, e per redimerla dalla soggezione agli stranieri, potesse spendere l’opera sua, ci basti almeno ch’egli nascesse a quest’almo sole d’Italia.