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gali avuti. Quanti furono per opera di lui promossi, si ristrinsero a ringraziarlo: soli i generali Caprara, Cavaignac e Grana, i colonnelli Carafa, Taaff, Souches, gli fecero qualche dono di cavalli, cioccolata, orologi, scrigni e simili cose. Il marchese di Baireuth gli diede il suo ritratto contornato di piccoli brillanti; del rimanente non era vietato ricever regali. Si ponga poi mente, soggiungeva, al detrimento venuto alle sue sostanze dallo star lontano dai suoi possessi, da quelli specialmente d’Italia, alle spese richieste dal vivere in corte, all’enorme diffalco che si fece al suo credito di 250.000 fiorini (che dicemmo ereditato da’ suoi cugini), e pel quale non più che 50.000 fiorini gli furono pagati dall’erario, e dall’altro canto si mettano i profitti del servigio, e la sua paga che a titolo di rimunerazione fu portata a 100.000 fiorini, e si vedrà non avere accresciuto di alcun grado considerevole le sue facoltà patrimoniali. E questo diceva aver voluto riferire a scorno dei detrattori, che tramano l’altrui rovina. Sembra in effetto che negli ultimi anni del viver suo vivamente gli stesse a cuore di confutare le calunnie che contro di lui si mettevan fuori, affinché nella famiglia sua e ne’ posteri puro da ogni macchia rimanesse il suo nome. In questa relazione non troviamo parola dei beni d’Ungheria, ricordati dal padre Carlantonio, i quali crediamo, a norma delle congetture da noi più addietro prodotte, che non avesse mai; né di una precedente donazione che gli fu fatta, in rimborso di crediti. Desta veramente non so se sdegno o pietà, il vedere un uomo, al quale più volte dovette l’impero la sua salvezza, e che, vissuto in mezzo a tanti frodatori del pubblico e del privato peculio, seppe mantenersi probo, esser costretto, egli vecchio e ricinto di gloria, a ribattere accuse che lo colpivano nell’onore. E forse codesta nuova amarezza ch’ei provò, ebbe a confermarlo nel proposito di voler levarsi dalla presidenza del consiglio di guerra. Questo chiese egli di nuovo in Linz dove, essendo cessata la peste a Vienna, aveva accompagnato l’imperatore, con una lettera nella quale diceva che, non avendo esso accettate le precedenti sue istanze, coi bagli di Tœplitz e con una dieta rigorosa cercò vedere se gli poteva rifiorire la