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perfezione per ricevere uno schiaffo sopra una guancia, e sporger l’altra senza dolersi: “concetto improprio alla fedeltà, allo zelo e alla disinteressatissima servitù prestata”. Se fosse stato guidato dall’interesse nella sua professione militare, avrebbe preso altri partiti da quelli da lui seguiti, e le sue facoltà sarebbero maggiori che non siano. Accennava in fine anche al titolo di principe che aveva dimandato, e non conseguito.
Un’altra breve Memoria, che è nell’archivio medesimo, e della quale non è detto l’autore, ci porge ulteriori spiegazioni circa questa sua dimanda di licenza. Da essa ci vien detto che, dopo la pace di Nimega, dal cappuccino Emerico, che fu poi vescovo di Vienna, ed era allora, secondo credo, confessore dell’imperatore, uomo che molto negli affari di stato s’intrometteva , dal conte di Zinzedorf, e dall’Abele segretario della corte che più addietro nominammo, venne consigliato il licenziamento di molti soldati. E questo fu consentito dall’imperatore senza aver richiesto il parere del consiglio di guerra, e senza che neanche fosse interpellato il Montecuccoli, al quale fu dall’Abele partecipato soltanto l’ordine di far eseguire il decreto. Con tale procedere non solamente si recava offesa al suo onore, ma si tenevano in non cale i consigli da lui dati per la conservazione di un esercito stabile, affine di non esser colti sprovveduti dagli avvenimenti. A quella determinazione, se interrogato, si sarebbe egli opposto senza dubbio, anche in riguardo ai torbidi dell’Ungheria. Di queste sue giuste cagioni di lamento non toccò nella supplica che fece presentare all’imperatore in Praga dal conte Dietrichstein suo cognato, ma si diceva carico d’anni e d’indisposizioni, e costretto perciò a cercare alleviamento alle molte incombenze affidategli. “Il servigio imperiale (così egli), dev’essere esercitato con somma cura o tralasciato”, con zelo s’adoperò fin che poté, ma ora mancargli le forze... Dolergli la vecchiezza, perché gli toglieva di continuare la sua servitù in tante cariche conferitegli. Spiacquegli già ne’ passati anni di