[cap. vi.] |
ultimo periodo della vita del montecuccoli |
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concede anche il colonnello Guibert. Condé, dicono i giornalisti di Trévoux, lodava sovrattutto i mezzi proposti dal Montecuccoli per rendere più sicura e più facile la sussistenza dell’esercito; e Turenna, gran maestro nell’arte degli accampamenti, che è tra le più necessarie nella pratica militare, asseriva che dal Montecuccoli era questa ottimamente posseduta. Destinate le opere di lui all’istruzione specialmente de’ generali, per suo volere non le pubblicarono per la stampa, ma se ne scrissero più copie che, per la poca conoscenza che i copiatori avevano della lingua italiana, riescirono errate. Andarono esse per le mani di molti; ed una di queste si sa che fosse posseduta dal principe di Anhalt, un’altra dal duca di Lorena, che la portava con sé ogni volta che usciva in campagna. La prima edizione di esse, assai scorretta, fu fatta a cura del consigliere Huissen in Colonia nel 1704, e venne poi riprodotta a Ferrara. Una traduzione in lingua latina di quelle opere, lavoro del gesuita Bombardi, la fece stampare nel 1718 in Vienna il marchese Francesco Montecuccoli, dichiarato dall’imperatore erede dell’estinto ramo di sua famiglia al quale Raimondo appartenne. Più altre traduzioni si fecero delle opere di Raimondo in tedesco e in spagnolo, ma lodaronsi più specialmente quelle in lingua francese, e i commentarii che ad una di queste nel 1770 appose il generale Turpin de Crissé. Nessuno tuttavia aveva ancora preso ad esame i manoscritti più sinceri di quelle opere, e curata l’emendazione dei testi scorrettissimi che andavano in volta. A ciò si accinse Ugo Foscolo, allorché “non perdonando, siccome ei dice, a fatica, né a sudori, né a spesa per rimeritare l’ombra del Montecuccoli dei beneficii e della gloria che le sue opere, sino ad oggi trascurate, procacciarono agli italiani”, pubblicò in Milano nel 1807 una magnifica edizione delle medesime. Ma perché neppur questa andava immune da imperfezioni, Giuseppe Grassi, piemontese, altamente dell’Italia e della scienza si rese benemerito, e della memoria del gran generale, intraprendendo un accurato studio sui manoscritti di più pregio di quelle opere, primo tra essi quello che fu del pittore e letterato Giacinto Bossi, ch’io ebbi poi la ventura di acquistare a Milano; il quale egli giudicò ac-