[cap. v.] |
guerra del 1675 |
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compagna, nel momento che in sullo scorcio della sua vita più avrebbe avuto mestieri delle affettuose cure di lei. Della prostrazione d’animo, in così triste caso da lui provata, ci lasciò documento egli stesso in una lettera nella quale, condolendosi col marchese Coccapani di Modena, che gli aveva partecipato la morte della propria madre, usciva in queste parole: “Non è al mondo chi stia in più aspro dolore per la perdita che ho fatta della mia carissima consorte. Porto tuttavia a V. S. illustrissima consolazione per ricevere da lei benigno compatimento vedendomi privo d’una compagna ch’era il maggior tesoro ch’io possedessi. Convien con tutto ciò che ci rimettiamo nel volere di Dio”. Le quali parole ben paiono sgorgare da un’anima profondamente esulcerata, e insieme altamente religiosa; e dopo d’esse ci vien meno il coraggio per riferire quanto non si vergognò di scrivere il cinico Magalotti intorno a questa sventura, che colpiva uno dei più grandi uomini che onorasse mai la nazione italiana. Una sola cosa vogliamo ritrarre da quella sciagurata lettera sua, avere cioè creduto il Magalotti che la morte della moglie togliesse di mezzo un ostacolo al ritorno del Montecuccoli al campo, quasi che non fosse stata la condizione della salute sua che da ciò lo aveva distolto. Tal cosa sarà stata nondimeno creduta da altri, perché sappiamo dal Bianchi che gli si rinnovarono allora le istanze acciò ripigliasse il comando dell’esercito del Reno, mentre si manderebbe il Lorena a capo dei collegati in Fiandra. Ma neppure allora poté egli venir indotto ad assumere un carico che sarebbegli tornato troppo gravoso, tanto più perché si eran posti allora i francesi a devastare un gran tratto del paese, ove avrebbero dovuto campeggiare gl’imperiali, costretti perciò a mutarsi rapidamente d’uno in altro luogo; il che ad uomo che fosse nella condizione in cui era allora il Montecuccoli, più non sarebbe stato possibile. Né a lui, colpito da una grave sventura, rimaneva altro desiderio, se non di cercar lenimento al suo dolore presso il figlio Leopoldo, e la figlia Enrichetta ancor nubile, e nei conforti che dar gli potevano le altre due figlie maritate. Fra le mura domestiche, dal cuore più che dalla