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tivo, allegando le ragioni delle quali più sopra tenemmo parola: e affermano ancora alcuni storici, avere egli detto allora, che chi aveva combattuto contro Gustavo Adolfo, Kuprili, Turenna e Condé, non doveva con altri arrischiare la sua gloria. Andò egli, dopo ripassato il Reno, ad Essling, ove fu a visitarlo il padre Carlantonio, che il 13 di novembre riferiva trovarsi egli allora in buona condizion di salute, salvo che gli durava nelle mani e ne’ piedi qualche resto del male che lo molestò; e che dai generali si reputava indispensabile che da lui venisse governata anche la futura campagna, dichiarandosi pronti a rinunciare l’officio, se ciò non avesse luogo. Che necessaria fosse la presenza di Montecuccoli al campo, veniva riconosciuto anche a Vienna, più specialmente poi dai ministri, i quali, dice il gesuita “han fatto e detto tanti spropositi che temono il suo ritorno alla corte, e procurano d’impedirlo sotto speciali, ma insussistenti pretesti”. Stava a quel tempo lo scrittore di quella lettera raccogliendo le più recondite notizie dell’ultima guerra, per mandarle alla corte di Modena. Avvisava intanto che l’esercito era bisognoso oltremodo di riposo, dopo una così lunga campagna. Se non che da Vienna mandavansi ordini di esenzione dai quartieri per questo e per quel paese, né si sapeva ove allogar le truppe; e ci vien riferito dalla corrispondenza diplomatica del conte Magalotti, che tutte codeste noie pe’ quartieri venivano suscitate dall’ambasciator di Spagna, marchese De los Balbases, il quale odiando, non so perché, il Montecuccoli, ai danni di lui assiduamente si adoperava. Un corpo di truppe, comandato dal duca d’Holstein, aveva avuto facoltà di poter svernare in Vetteravia, ma ottenne Balbases che, senza farne avvertito Montecuccoli, gli venisse ordinato di passare nel paese di Juliers; e probabilmente per opera di costui fu scelto commissario sui quartieri il generale d’artiglieria Capiliers, avverso allora al Montecuccoli. Di questo generale Capiliers lasciò scritto il Magalotti, che era “uomo intelligente, ma irresoluto, amico delle sue convenienze e della sua quiete”; e peggio poi ne disse in un suo dispaccio del 2 di marzo 1676, asserendo che aveva messo da parte un centoventi