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che finirono col lasciare il paese diviso fra i principi che or ora dicevamo esserselo tra loro conteso; ma ciò non ebbe luogo se non nel 1666.
Ad un assedio di Juliers, la qual città quantunque ben difesa dal valente ingegnere italiano Francesco Tensini, il 2 settembre di quell’anno 1609 dovette capitolare, prese parte Ernesto altresì, e pare in qualità di volontario, leggendosi in una lettera sua esservi egli andato con alquanti cavalieri suoi amici. Supplicava poi in quella lettera il duca di Modena e il granduca di Toscana a rifornirlo di cavalli, avendo in quell’assedio perduti i proprii insieme al bagaglio: ma quant’è al duca Cesare non gli parve bene di compiacerlo di questo, e allegò trovarsi “sguarnita la sua scuderia”, limitandosi a rallegrarsi che sano e salvo fosse egli uscito da quelle guerre. Perché poi era corsa voce a quel tempo, che non fu vera se non più tardi, che alcun pericolo sovrastasse al ducato di Modena, auguravasi Ernesto in quella lettera gli fosse porta occasione di venire “a spendere questa vita pel serenissimo servigio suo, e a pagare parte di quell’obbligo sono tenuto presso l’A. V.”. Pregava Dio nondimeno che svanissero quei pericoli, e gli fosse invece concesso di combattere gl’infedeli. Erano infatti allora nell’Ungheria i turchi a difesa di Bethlen Gabor fattosi re colà e in Transilvania, e duratovi sino alla morte sua avvenuta nel 1625. E tornò Ernesto in Ungheria, ma in uno de’ fatti d’arme in quelle parti accaduti nel 1612, cadde egli combattendo in mano de’ nemici. Per pagare il riscatto che per la liberazion sua si chiedeva, obbligò il duca i Montecuccoli a concorrere con una somma che all’importare delle sostanze loro venne commisurata: e una lettera ci rimane del conte Desiderio, uno de’ fratelli del padre di Ernesto, che inviando a tal uopo duecento scudi al duca, lamentava non essere in grado di poter fare di più. Era Ernesto a quel tempo tenente colonnello di un reg-