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sino alla metà dell’anno 1676, quando cessa nell’archivio la serie di essi. Ricaviamo intanto da quelli di quest’anno, come a vincere l’esitazioni del general Raimondo circa il riprendere il comando, si adoperò quell’ambasciatore di Spagna che vedremo in breve farsegli nemico. Valsero nondimeno più che altro a dileguare i dubbi di lui le reiterate istanze dell’imperatore, non disgiunte da generose offerte. “Al conte Montecuccoli, scrive il padre Carlantonio, è stato esibito un bene (terre cioè in Ungheria) di 100.000 fiorini colla sopravvivenza del reggimento al figlio; e un viglietto imperiale gli promette il titolo di Principe dell’Impero, finendosi con pace onorevole o con qualche buon successo in questa campagna. Da Spagna si crede che haverà intanto titolo di Principe, ed un’annua pensione di quattromila fiorini”. Che Raimondo avesse mai que’ beni in Ungheria, è molto da dubitare, non trovandosene ricordo né pure nel suo testamento. Quanto al principato dell’impero, nel viglietto di Leopoldo di cui si ha una copia nell’archivio estense, è detto che alla prima creazione di principi gli verrebbe conferito in riguardo ai servigi da lui resi, dai quali esso imperatore affermava aver ricevuto molti vantaggi; ma voleva che intanto la cosa rimanesse segreta. Vedremo poi che, troppo tardando l’imperatore a mantenere quella sua promessa, Raimondo cinque anni appresso ebbe a rammentargliela. Insino dal precedente anno nell’ultima lettera del presidente Arese, che abbiamo alle stampe, questi aggiungeva in poscritta di suo carattere: “S. M. (il re di Spagna, del quale, come milanese, era suddito) ha dichiarato un Principato con tremila scudi d’entrata al signor conte Montecuccoli”: e non fu vero. Ed ora la notizia che ci porge il gesuita, è detto in altra sua che gli veniva dall’ambasciator di Spagna, ma soggiungeva tosto: “Vedremo se si avvererà”: dubbio opportuno, giacché non scrisse poscia che la cosa fosse avvenuta, come non avvenne infatti. Né Raimondo, né il figlio suo presero mai titolo da principato alcuno avuto da Spagna; né di questo è parola nel prolisso epitaffio del generale che riporteremo nell’Appendice. Eppure non manca chi faccia ricordo di quella donazione spagnola. Scri-