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vidia, di vendetta e di tutte quelle che possono concorrere in un cuore avvelenato”. Quant’è per altro alla rapina, quel diplomatico la diceva vizio comune di tutti i generali imperiali, scordando, a questo luogo, di fare eccezione se non altro pel Montecuccoli, al quale tal pecca non affibbiò poi, allorché ebbe a scrivere di lui. Avarissimi diceva altresì molti di que’ generali. Dal giudicio del Magalotti sopra il Souches levando il soperchio, rimarrà sempre vero, per quanto più addietro venimmo esponendo, che non andava fornito di grandi talenti militari, che all’ambizione, da cospicue imprese non avvalorata, di primeggiare sugli altri avrebbe sacrificato qualsia cosa più rispettabile, e che capital suo vizio era l’invidia, in riguardo singolarmente del gran nome che si era venuto acquistando il Montecuccoli. Vedremo in breve com’egli riescito a porsi momentaneamente nel luogo di quel gran capitano, si vedesse indecorosamente troncata la sua carriera militare. Nato francese, sembra che siccome mostra credere Mailàth, si stringesse al Lobkowitz, il quale per denaro favoriva la Francia ai danni del proprio sovrano; e creder puossi che avrà avuto parte nelle disposizioni date da quel ministro per impedire al Montecuccoli di trarre, come dicevamo, a ruina il Turenna. Né cosa alcuna nella condizione in che i francesi allora si ritrovavano, poteva riescire di maggiore utilità ad essi e alle mire particolari del Souches, che l’allontanamento del duce supremo dell’esercito imperiale dai campi di battaglia. Il Montecuccoli pertanto al suo giungere in Vienna così trovò minato il terreno sotto di sé, che in luogo degli encomii che gli erano dovuti pei vantaggi conseguiti, non incontrò in sulle prime che freddezza da un lato, e accuse dall’altro, perché, per le soverchie sue circospezioni non avesse conseguito maggiori trionfi. Né mancò chi gli rimproverasse di non aver osato ad Ochsenfurth, dove vedemmo come le cose procedessero, dar battaglia a Turenna, ben sapendo che non avrebbe egli potuto produrre in pubblico gli ordini ricevuti da Lobkowitz. Sarà per avventura in quella circostanza tornato alla mente del Montecuccoli questo passo de’ suoi Aforismi, che ai casi suoi così bene si attagliava: “A quante e quali censure, calunnie e giudizii degl’imperiti e del volgo degl’invidi e degli emuli non è egli (un generale) sottoposto? Mutano il nome alle cose; chiamano il generoso temerario; il cauto irresoluto; il prudente prolungatore della guerra; il vincitore orgoglioso: ognun vuol fare del guerriero e del giudice ec.”; e più oltre ammoniva, il generale dovere “esser costante scoglio contro il flutto delle maldicenze, star fermo contro le satire, far bene e udir male, ridersi di que’ delirii, disprezzar que’ demonii, e soddisfarsi dell’approvazione de’ buoni”. Così avrà egli fatto allora, e certamente si valse poi del consiglio che, nel capitolo medesimo, ei dava ai generali calunniati, e che anche ai giorni nostri torne-