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lere attaccar da un lato, gettossi invece sopra Bonn, che ad essi fu impossibile di difendere. “Vogliono, scriveva l’Arese, che il Cristianissimo abbia redarguito esso Turenna perché non si sia cimentato in battaglia aperta con Montecuccoli, ma ch’egli rispondesse che trovò li soldati alemanni con braccia, mani, gambe, buoni cavalli, coraggio e valorosi capi” . Sfogò Turenna il molto sdegno che il mal’esito di quella campagna aveva in lui suscitato, con quella orribile devastazione del Palatinato rimasta famosa nella storia , benché la scusi il Grassi, che reputava lecita in guerra ogni cosa a danno del nemico: opinione eccessiva, e da non aversi, a mio credere, per la migliore. Ma veniamo ora all’assedio di Bonn. A ciascuna nazione fu assegnata la parte della città contro la quale doveva operare, indicandosi ciò che avesse a fare per tenere in rispetto la guarnigione, che, tra francesi ed elettorali, si componeva di 1500 uomini con 100 cavalli, comandati gli elettorali dal generale Lamsberg, governatore della città, i francesi dal conte di Revillon. Abbondavano cannoni, munizioni e viveri. Dell’esercito francese scriveva intanto Montecuccoli il 3 di novembre che, “usciti (i francesi) dall’Olanda e dai Paesi Bassi coll’Humières e col Luxemburg per unirsi a Turenna stanno giornalmente per tentare il soccorso”. Diceva poi pessima la stagione per accampare, e per lavorare alle trincere; ma non fu mestieri, come il Kanon asserisce, di tracciar linee di circonvallazione, giacché il lungo viaggio che dovevano fare i francesi per giungere colà, li avrebbe ad ogni modo fatti arrivare troppo tardi. Aveva deliberato Montecuccoli di andare egli medesimo con cinque o seimila cavalli contro il general d’Humières, che primo si avanzava, e di batterlo in aperta campagna; ma venendogli rappresentato, che avanzandosi esso a marce forzate, non si sarebbe saputo ove trovarlo, e che intanto le truppe assedianti s’indebolivano,