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quale per gli offici che dicevamo da lei sostenuti alla corte, avrà avuto più sovente occasione di trovarsi. E già, vivente il cardinale, ebbe essa ad interporre l’opera del duca per quetare le differenze che nel 1622 vertevano tra i fratelli del defunto marito e un capitano Andrea Rinaldi. Nel 1625 veniva essa raccomandandogli pel carico di castellano di Castelnovo di Garfagnana l’alfiere Francesco Rampalli, che in quella sua patria, dopo avere militato in Fiandra per la Spagna, era in procinto di ritornare: se non che avendo già il duca altrimenti a quell’officio provveduto, non poté in questo compiacerla.
Teneva la contessa e il feudo e le sostanze della famiglia ad ogni occorrenza raccomandate al duca Cesare, e ai successori, non che l’ospedale di Pavullo, che veniva dai Montecuccoli e dalla provincia del Frignano governato, come fondatori che ne erano stati: se non che piacque poi al duca Francesco I rivolgere le rendite del medesimo in pro dei suoi fratelli ecclesiastici. Ma insino che le fu dato, con molto zelo vegliò la contessa alla conservazione di esso; curò nel 1623 la revisione degli statuti ond’era retto, e ottenne che gli abusi che colà s’erano venuti introducendo si togliessero di mezzo.
Sempre disposta a sua volta era poi essa, a secondare, per quanto le era concesso, i desiderii del principe, nelle frequenti dimande singolarmente che le vennero fatte in occasione di guerre, della milizia sua feudale; una compagnia cioè di ottanta uomini , che la contessa era tenuta a somministrare, o per aiuto di guerra, o a presidio de’ luoghi muniti, o anche a lavori di fortificazione dello stato. E dava ella pur anche i cavalli che requisir poteva nel feudo; se non che le continue richieste di cotali animali, che di consueto si restituivano rovinati, ne fece smettere l’allevamento. Era quella un’industria (ora rinnovata) delle montagne nostre. Si dettero invece al duca asini o muli per lavori di fortificazioni, o per carreggi. Per altro, secondo scriveva essa nel 1630,