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eseguita . Ma né queste, né le molte condanne successive, come accade non di rado in simili circostanze, valsero a frenare gli ungheresi, tenaci mantenitori delle leggi e dei privilegi loro. Severo si mostrò Montecuccoli verso quel popolo narrando questi fatti nel suo libro intitolato: L’Ungheria nel 1673; ma ci è forza confessare che i gravi partiti da lui consigliati, per evitare all’imperatore la perdita di quel reame, anziché giovare alla salvezza di questo, avrebbero potuto porla a repentaglio. Torna infatti di grave pericolo l’attentare ad istituzioni fortemente radicate nell’animo di un popolo, fosse pur questo di così scarsa civiltà, com’era a quel tempo quello dell’Ungheria. Su quest’opera del Montecuccoli dovremo ritornare quando perverremo al tempo in cui la compose. Qui solo noterò, che forse le dure prove alle quali dagli ungheri erano stati sottoposti nella guerra contro i turchi i suoi soldati, avevano lasciato qualche amarezza nell’animo di lui contro quella nazione, come fu già da noi avvertito. Codesti torbidi dell’Ungheria, che potevano ancora trarre l’impero a nuova guerra col turco, e la scarsa propensione di Leopoldo per le armi, non poco valsero ad impedire che si prendesse qualche risoluto partito contro le ambiziose mire di Luigi XIV, che allora appunto meditava progetti esiziali all’Olanda. Vero è che i popoli austriaci, già ridotti a mal termine dalle precedenti guerre e dalle persecuzioni religiose, alienissimi si mostravano dal desiderio di nuovi conflitti. “Il popolo, scriveva al senato veneto il nunzio Morosini, è contento che Leopoldo non amasse la guerra, e che soltanto provocato avrebbe impugnato le armi, fidando nel gran nome e valore del Montecuccoli”. Nompertanto le titubanze di Leopoldo derivavano da un altro e più grave motivo, dai consigli cioè del suo primo ministro Eusebio Venceslao Lobkowitz; il quale, fattosi ligio per denaro alla Francia, suscitava ostacoli a quanto fosse per tor-